Jeff Beck, cinquant’anni di carriera festeggiati sul palco
Il gigante della chitarra moderna si autocelebra con un live spettacolare pieno di ospiti prestigiosi
Ha 74 anni ed è palese che tinga i capelli. Ma Jeff Beck ha ancora parecchio da dire, come ha dimostrato col controverso Loud Hailer (2016) che, comunque lo si giudichi, resta una lezione di stile ai rockettari più duri, metallari inclusi.
Ovvio che un gigante così, capace ancora di rinnovare l’approccio sonoro, di tanto in tanto si autocelebri.
Lo ha fatto col recente Live At The Hollywood Bowl, una megaproduzione dal vivo che ha una storia editoriale tutta particolare: concepito per celebrare i cinquant’anni in musica del superchitarrista britannico, l’album documenta il concerto tenuto il 10 agosto 2016 all’Hollywood Bowl. Di questo concerto, c’è da dire, esiste già una versione su dvd edita dalla Eagle Vision nel 2017 e questo doppio cd, pubblicato dalla Atco a fine primavera, non fa altro che restituire con gran cura l’audio dell’evento.
Qualche critico più pignolo può aver storto il naso sull’idea di celebrare il 50esimo compleanno artistico nel 2016, e quindi di datare l’inizio della carriera al 1966, l’anno del celeberrimo Beck’s Bolero, saltando a piè pari il biennio precedente, quindi gli esordi coi Tridents e il primo album coi mitici Yardbirds.
Ma queste sono solo sottigliezze da filologi, ’ché la sostanza è ben altra. Intanto, da qualsiasi anno lo si voglia far partire, Beck ha comunque un cinquantenario di qualcosa da celebrare. E, ciò che più conta, questo Live At The Hollywood Bowl merita. Eccome se merita.
Merita non solo per le performance superlative del Nostro, che si conferma il più longevo (soprattutto artisticamente) tra i padri della chitarra rock, ma per la spettacolarità dell’evento in sé, degnamente supportato non da una formazione all stars ma dalla band giovane che ha realizzato Loud Hailer: la cantante Rosie Bones, la chitarrista Carmen Vandenberg, il bassista Giovanni Pallotti e il batterista Davide Sollazzi.
Ovviamente le star non mancano. Anzi, caratterizzano sin troppo questo live, che riesce bene a bilanciare le esigenze filologiche (cioè a ricostruire in maniera accettabile la carriera di Beck) con l’aspetto spettacolare. Ed ecco che Jimmy Hall e Todd O’Keefe si scatenano su Over Under Sideways, Heart Full Of Soul e For Your Love. Va da sé che Beck’s Bolero non poteva mancare e fa da bridge tra l’era Yardbirds, accennata nell’attacco del live e la parte più fusion della produzione beckiana (per capirci, da Blow By Blow a Jeff Beck’s Guitar Shop). In questo caso, ad animare come si deve la serata ha provveduto il mitico Ian Hammer, il tastierista dall’approccio più chitarristico in circolazione e sodale di tutti i grandi della musica. Inutile dire che i duelli tra chitarra e tastiera sono la cosa più spettacolare nell’ora e mezza circa dell’album.
Ma non ci sono solo virtuosismi a gogo: gli amanti del rock blues e del groove hanno di che gioire, ad esempio davanti a I’d Rather Go Blind, eseguita assieme ad Hammer e interpretata da Beth Hart. E che dire della comparsata di Buddy Guy (a proposito di leggende viventi…) in Let Me Love You, dell’esibizione di Billy Gibbons degli ZZ Top in Rough Boy, e della doppia apparizione dell’aerosmithiano Steve Tyler in Train Kept A-Rollin’ e Shapes of Things?
Il gran finale è degno dell’evento: una versione da brividi di Purple Rain eseguita da tutti gli ospiti.
Da ascoltare più volte. Soprattutto, da far ascoltare a chi crede che il rock sia un fenomeno giovanile, perché di fronte a certi nonni c’è solo da tirar giù il cappello.
Da ascoltare (e da vedere):
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Cosa si può dire di Jeff beck? Che bisogna ascoltarlo.