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Un film per raccontare il rock sperimentale

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Antonello Cresti: la scena musicale underground italiana è viva, ma troppo frammentata e la cultura ufficiale non aiuta

Parlare di rock in Italia non è mai stato facile. Anzi, è stato meno facile che suonarlo, sebbene le nicchie non siano mai mancate e, addirittura, siano tracimate più volte, fino ad invadere i settori più commerciali. Il discorso si complica se si esce dai confini canonici e ci si dedica alla sperimentazione.

Eppure Antonello Cresti c’è riuscito. Fiorentino, classe ’80, giornalista, musicista, critico e scrittore, Cresti è autore di vari libri sulla cultura rock e non solo (tra cui il masterpiece Come to the Sabbath, uscito per Tsunami nel 2011), con il ritmo invidiabile di quasi uno all’anno. Scrive per Rockerilla Music Box, ma ha collaborato anche con testate non specialistiche come Il ManifestoAliasIl Garantista e Alti ed è presente sul web come firma di punta di vari siti e blog tra cui si segnala psycanprog.com.

Con Solchi Sperimentali Italia, uscito lo scorso anno per Crac Edizioni, il critico fiorentino fa un passo avanti. Supera, cioè, il concetto di semplice editoria cartacea per dirigersi verso i settori più turbolenti (ma anche stimolanti) della rete e della multimedialità e delle performance live. In seguito a Solchi Sperimentali Italia, infatti, hanno preso il via varie iniziative: un canale youtube, una web radio, mini festival organizzati in giro per l’Italia e una collana discografica, che ha esordito da poco con il tribute album Una fotografia, tributo a Claudio Rocchi. E non finisce qui: il prossimo, più ambizioso step, sarà cinematografico o quasi: un doppio dvd, per realizzare il quale è in corso un’operazione di crowfunding giunta al rush finale.

Ne parliamo direttamente con l’autore.

Un libro proprio non bastava?

Direi di no, a questo punto, perché l’interesse dimostrato per Solchi Sperimentali Italia è andato oltre le aspettative mie e degli editori. Poi la musica è un elemento che difficilmente può risolversi nelle parole: la si può descrivere quanto si vuole, ma occorre ascoltarla.

L’iniziativa multimediale in cosa consiste?

Sarà un doppio dvd che stiamo finanziando con una sorta di prevendita: chi contribuirà, automaticamente prenoterà la propria copia. Il primo dvd conterrà un film. Non un documentario, ma un film vero e proprio, diretto da Francesco Paolo Paladino e a cui parteciperanno alcuni personaggi noti della scena underground italiana [tra questi, l’immarcescibile Steve Sylvester, lo storico leader dei Death SSNda]. Ho pensato che questa scena musicale, che dura dagli ultimissimi anni ’60, potesse essere raccontata al meglio attraverso una storia: se è vero che la musica è creatività, perché, allora, non raccontarla in maniera creativa?

Il secondo dvd, invece, cosa conterrà?

Sarà un’enciclopedia interattiva, basata sul contributo di 200 artisti.

In pratica, Solchi Sperimentali Italia è una sorta di libro espanso.

O, se si preferisce, una rete di iniziative che hanno nel mio libro il loro filo conduttore.

A proposito di fili conduttori: sia in Solchi Sperimentali, uscito nel 2014, sia in Solchi Sperimentali Italia, si parla di musicisti diversissimi tra loro e provenienti dai generi più disparati. Può bastare il concetto di sperimentalità ad accomunarli? E poi, quand’è che un artista può dirsi davvero sperimentale e quando, invece, pur suonando un genere di per sé sperimentale (ad esempio, il progressive o la psichedelia) non lo è affatto?

La sperimentazione è essenzialmente un modo di agire dell’artista. È un’attitudine, che se c’è ed è praticata onestamente, si percepisce. Tutti gli artisti sperimentali sono partiti da un impulso: forzare o oltrepassare le regole del proprio genere di provenienza. Il resto è moda. Ma quando quest’attitudine c’è, si ha quel fil rouge che davvero lega, in maniera trasversale, artisti e musiche in un solo filone. Ed ecco che i musicisti psichedelici e progressive possono andare a braccetto con i metallari più estremi.

Rispetto agli anni ’70, che sono stati l’età d’oro della sperimentazione tricolore, oggi è più facile sperimentare?

Certo: è facile, a volte è un gioco da ragazzi per chi sa usare le tecnologie e sa investirci. Ed è facile persino far girare i propri prodotti perché c’è il web. Però è difficile affermarsi, è spesso impossibile ottenere una propria autorevolezza e una propria visibilità autonome. In altre parole, si può fare e ci si può far conoscere, ma non riconoscere.

Il problema dipende dalla scena?

Esatto: troppa frammentazione, troppa dispersione e pochissimi punti di raccordo. Le maggiori possibilità non si traducono in una maggiore produzione né in una maggiore qualità di ciò che viene prodotto. Abbiamo scelto il film proprio per superare i cancri di quel che resta della scena underground: il solipsismo, l’autoreferenzialità e la mancanza di autoironia. Noi cerchiamo a mettere le basi per qualcosa di diverso perché miriamo a raggiungere un pubblico più ampio. Porte aperte per tutti, tranne per chi si crede più puro e più serio degli altri: la serietà, mi permetto di ricordare, non è la seriosità.

A proposito di attività dal vivo: com’è la scena nel Centro Italia?

Io mi chiamo fuori, in generale, dalle dinamiche strutturali della mia città e della mia regione.

Possibile che la colta Firenze non recepisca i messaggi di una scena musicale importante?

Firenze è in piena cancrena politica e, quindi, culturale.

Finora si è parlato di musica. Ma la critica musicale che situazione vive?

Non ottima. Il giornalismo generalista prova, a volte con successo, ad approfondire il discorso. Ma il problema della stampa generale, cioè la crisi cronica che ha prosciugato i fondi, impedisce una selezione adeguata. Non si può chiedere alla gente di studiare e aggiornarsi se poi si pretende la gratuità.  Perciò le firme consolidate, hanno smesso di studiare e le nuove leve hanno difficoltà a formarsi.

Come si esce da questo circolo vizioso?

Con la passione, la volontà e la disponibilità a mettersi in gioco e, perché no?, a rischiare un po’.

(a cura di Saverio Paletta-foto di Stefano Oflorenz)

 

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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