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Zombi, Coronavirus e altre paranoie

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Nonostante le precauzioni e le prese di posizione dell’Ordine e del Sindacato dei giornalisti, le notizie e gli allarmi sul virus fanno più danni del virus stesso

Uno stato di vita apparente, in cui si percepisce l’odore della putrefazione di esistenze che abdicano alla gioia e alla felicità del vivere, abbandonandosi a panico e paranoie virali e contagiose.

Uno scenario, quello di questi giorni, che catapulta nel 1968, quando La notte dei morti viventi di George Romero, inaugurava la nuova cinematografia horror con una metafora sulla paranoia di massa: i protagonisti combattono un’epidemia di zombie, tentando il tutto per tutto non solo per sopravvivere, quanto, piuttosto, per mantenere la loro natura umana.

Il nemico invisibile e spaventoso: il Coronavirus

E così, ovunque, dentro e fuori la rete, ci si imbatte in un cimitero di tranquillità, dove il concetto di razionalità e buon senso diventa solo un ricordo lapidario dal retrogusto nostalgico, che lascia spazio a fobie e inquietudini, pilotate da non morti in una di reazione a catena in crescendo, che diventa come il morso letale degli zombi.

Più che una malattia, Coronavirus è una keyword, che si è propagata con più velocità della pandemia: tv, giornali, magazine, social, mezzi di comunicazione istantanea. Fiore all’occhiello delle conversazioni quotidiane.

In questa vicenda, molto è stato fatto dai media, che hanno propagato le vicende legate all’epidemia in maniera senz’altro incisiva, spesso invasiva e in non pochi casi fuorviante, fino a creare una specie di dualismo.

Da una parte, infatti, c’è l’informazione responsabile e obiettiva, ci sono i dati reali e i pareri degli esperti; dall’altra un’amplificazione (e distorsione) del fenomeno per incrementare share, audience televisivi e, persino, consensi politici.

Il feedback dei media poi, viene recepito e amplificato dai social che mai come in questi casi, per dirla con Umberto Eco, «danno diritto di parola a legioni di imbecilli» e diventano untori di una paranoia di massa che può essere peggio del virus.

Operatori sanitari tedeschi in prima linea

La keyword Coronavirus è diventata più virale del virus e ha dato il via a un bombardamento psicologico, effettuato a colpi di post e ri-post, condivisioni e ri-condivisioni.

In questo gioco di specchi deformanti si annidano fake news al limite del reato o, al contrario, meme ironici incappano nel rischio opposto: concepiti per minimizzare ed esorcizzare il fenomeno, diventano fuorvianti. Come a dire che anche l’ottimismo può essere un virus pericoloso.

Lo confermano gli studi sull’attenzione visiva, sui filtri di recezione cerebrale e i test psicologici sulle parole ideati da studiosi della materia come Treisman, Norman e Deutsch secondo cui l’alterazione traumatica del fenomeno non è una mera ipotesi, ma una sconcertante certezza.

Ed ecco che circa trentamila contagi vengono percepiti dalla mente umana quanto un intero Paese in via di estinzione, e circa duemila vittime pesano sull’anima come l’apocalisse imminente.

I danni emotivi creati dall’epidemia lasciano gli italiani in uno stato confusionale che, nei casi più estremi, giunge a vaneggiamenti su astruse e – fino a questo momento, ancora infondate – teorie complottistiche.

È il risultato di una delle faglie più grosse della democrazia contemporanea: l’eguale diffusione di pareri scientifici e di uno analfabetismo scientifico di cui ancora soffre quasi il 30% della popolazione.

Il compito più gravoso spetta all’informazione, che dovrebbe disciplinarsi a dovere: è giusto, anzi doveroso, raccontare i fatti e diramare i relativi bollettini, anche nelle forme più crude e sensazionalistiche, ma lo è altrettanto selezionare.

Operatori sanitari italiani in azione

Per fortuna, di questo problema ci si è iniziati ad accorgere nell’Ordine dei giornalisti che, a partire dalla Puglia e dalla Calabria, ha invitato con più circolari gli operatori dell’informazione a filtrare bene e a fare attenzione a ciò che si pubblica.

Il Sindacato dei giornalisti della Calabria ha fatto di più: ha creato una task force per dragare il web, scovare le fake e denunciarne gli autori quando incappano nel reato di procurato allarme

Si vuole davvero evitare questo secondo contagio? Allora si spinga sull’uso corretto dei mezzi di informazione globale, si verifichi ogni segnalazione e ci si soffermi solo su quelle provenienti da fonti accreditate e qualificate.

Altrimenti, si continui pure con la grande paranoia, nella sua doppia veste di paura millenaristica e di ottimismo imbecille.

Con un’avvertenza: in questo caso non ci sono amuchine, guanti e mascherine che bastano

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