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Tra sperimentazione e metafisica, il nuovo “taglio” sonoro di Paolo Tarsi

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Il compositore marchigiano schiera una squadra di artisti di prima grandezza della scena internazionale per il terzo capitolo della sua discografia

Dilatato, minimale a tratti sognante. E poi avvolgente, surreale con cenni orchestrali che hanno dello stupefacente.

È il suono (parlare di musica di fronte a tanto lavorio potrebbe risultare vago) sviluppato da
Paolo Tarsi nel suo Perfect Cut In The Vacuum, terzo capitolo di una interessante discografia solista uscito da poco per 無常 Anitya Records in collaborazione con Acanto e Rebirth.

Paolo Tarsi nel sottomarino Nazario Sauri (foto di Roberto Rossini)

Vale la pena di tradurre il titolo di questo album affascinante ed enigmatico, per dare l’idea della raffinata visione musicale del giovane compositore senigalliese: Un taglio perfetto nel vuoto, espresso in due cd.

Il primo, Unique Forms Of Continuity In Sound, è diviso in due parti: Horror Pleni e Horror Vacui, che raccontano la doppia angoscia dell’uomo: quella contemporanea, suscitata dal bombardamento continuo (di immagini, suoni, informazioni e concetti) a cui è sottoposto l’uomo moderno in un crescendo parossistico, e quella arcaica (e poi classica) della paura del vuoto. Una doppia paura, o meglio, la polarizzazione doppia di una paura unica, che si muove tra i due estremi in perfetta circolarità: è la paura del vuoto che genera il surpieno e l’angoscia e lo smarrimento creato da quest’ultimo spingono verso il vuoto.

Paolo Tarsi assieme a Emil Schult (foto di V. Monteverde ed E. Zucchini)

Il secondo cd, Artificially Intelligent, spinge sull’acceleratore della digitalizzazione spinta fino al parossismo: si tratta di un solo brano, proposto in cinque lingue, in una versione strumentale e cinque remix, a riprova che l’elettronica può essere poetica, anche nel senso originario di creazione pura.

Ma la poetica elettronica è solo l’arma vincente che Tarsi mette in mano a un esercito di ospiti che ha dell’impressionante: parliamo di nomi seri, della scena (progressive, kraut, Kosmische, ambient, elettronica ecc.), che contribuiscono a rendere A Perfect Cut… un autentico gioiellino per audiofili incalliti.

La copertina di A Perfect Cut in The Vacuum realizzata da Emil Schult

Texture Of Clouds (Mono No Aware), ovvero: l’ambient incontra la Kosmische. Il brano apre l’album nel segno di un minimalismo teso e raffinato, in cui Tarsi coordina con i suoi arrangiamenti campionati gli arpeggi dilatati del piano elettrico di Nick Judd, sodale di Brian Eno, su cui la violinista Hoshiko Yamane dei Tangerine Dream innerva una melodia delicatissima e aperta.

Con The Rumble ci si sposta su un versante progressive, sia per i richiami sonori, di marca crimsoniana, sia per gli artisti coordinati dalle bacchette hi-tech del compositore marchigiano. Anche in questo caso, nomi che contano: Ivan Georgiev dei Tuxedomoon, che suona accordi dissonanti e arpeggi al piano e canta in maniera a tratti ieratica; il chitarrista Chris Gibson già sodale dei King Crimson e dell’eminenza progressive Robert Fripp, che movimenta il tessuto sonoro coi suoi passaggi minimali, e John Greaves, già negli Henry Cow e National Health, che crea tappeti efficaci coi suoi sintetizzatori.

In The Supreme Hashish Of Our Dream Part 1 (serve proprio una traduzione?) è, appunto, la prima parte di una pièce a cavallo delle due facciate – tra le due paure – del primo cd. Nel pezzo gli artisti si sbizzarriscono in stranezze che, tuttavia, hanno un senso compiuto.

Ed ecco che Jimmy Hastings (già in forza a Caravan, Soft Machine, Brian Ferry e Radiohead) suona melodie oscure col suo clarinetto basso. E fin qui si parla comunque di un musicista normale alle prese con uno strumento normale, anche se desueto. Con Xabier Iriondo, il chitarrista degli Afterhours, si entra nel pieno delle bizzarrie, visto che il nostro si diletta non poco a cavare suoni ed effetti particolari dal mahai metak, una specie di still guitar artigianale piena di diavolerie elettroniche. Steve Schroyder dei Tangerine Dreams infarcisce il tutto con tappeti floydiani, ricavati da almeno quattro tipi di synth.

Dal pieno al vuoto, In The Supreme Hashish Of Our Dream Part 2 apre la seconda metà del cd con una policromia di atmosfere, che parte dall’intro evocativa in stile Soft Machine ed evolve in un bel crescendo su poliritmi elettronici. Padroni della piazza, stavolta, sono il chitarrista Amaury Cambuzat, degli Ulan Bator e dei faUSt, Eberhard Kranemann dei mitici Kraftwerk, che si occupa della sound art, il menzionato Schroyder, che si lancia con i drone sonori, e Valerio Corsi, che si diverte alla grande con chitarre, synth e altre diavolerie.

In Time Chrystals Soup, finalmente Tarsi si decide a suonare in prima persona i sintetizzatori, accompagnato da Corsi, che fa tutto e di più con gli effetti elettronici. Il risultato è un pezzo ambient pieno di sonorità minimali e di campionamenti assortitissimi.

Sakhuin Électonique 2# è una pièce di dissonanze elettronica in cui Tarsi, sempre ai sintetizzatori, è accompagnato dai Fauve! Gegen A Rhino, che si dedicano all’effettistica e ai campionatori.

Pushpanjali In The Cathodic Garden (Scanner Mix) è la prima delle tre bonus track, il cui protagonista assoluto è il grande Paolo Tofani degli Area, con la sua trikanta veena, la chitarra-sitar a tre manici, che scivola alla grande sui tappeti elettronici.

Star Cluster Decostruction (Alex Hidell Mix) è un funky avveniristico, a tratti danzereccio ma sempre immaginifico, in cui Kosmische e dance si mescolano allegramente.

Chiude l’album la versione live di Sakhuin Électonique 2#, affidata alle cure del solo Tarsi, che si destreggia da solo tra piano, organo ed effetti elettronici.

Di Artificially Intelligent, il secondo cd, si è già detto.  Sono doverosi solo alcuni cenni sulla canzone Artificial Intelligence che viene reinterpretata, remixata ed espansa in tutti i modi. Si tratta di un affascinante synth pop dalle atmosfere ottantiane che si presta, grazie alla sua linearità, a tutte le manipolazioni possibili. Gli esecutori sono Tarsi, che si dedica ai sintetizzatori, Andrea Tich che suona le percussioni elettroniche, mixa e recita i pochi scarni versi in varie lingue, e Federico Storari alla programmazione. A loro si aggiunge Lothar Manteuffel degli Elektric Music alla voce nelle due versioni tedesche del brano… più kraut di così…

Sicuramente per intenditori, Perfect Cut In The Vacuum è un esempio di elettronica colta come non si sentiva da tempo: sperimentale quel che basta, sicuramente progressivo, l’album è un viaggio affascinante nelle possibilità espressive dell’elettronica, che, nel caso di Paolo Tarsi, si tiene lontana dai due eccessi opposti della osticità e della facilità. Un equilibrio ben riuscito tra ricerca e canoni, che merita più di un ascolto attento.

Per saperne di più:

Intervista a Paolo Tarsi

Da ascoltare  (e da vedere):

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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