And Nothing Hurt, atterra l’astronave di Spaceman J.
L’ultimo notevole album degli Spiritualized, ridotti al solo Jason Pierce. Lo space rock della band britannica diventa terreno e sognante in nove brani pieni di suggestioni bucoliche, effetti noise e cenni di psichedelia retrò. Gli occhi cerulei sono quelli di sempre. Giusto l’espressione è più sofferente, perché sopravvivere alla disintossicazione dalle droghe, prima, e alla chemio, poi, non è da tutti.
Ma è sempre lui, Jason Pierce, ovvero Spaceman J., che nel recentissimo And Nothing Hurt (uscito per le label indipendenti Fat Possum e Bella Union) rispolvera il nome glorioso degli Spiritualized anche se ha fatto tutto da solo a botte di sovraincisioni, loop e campionature, e, in fin dei conti, parla di sé e delle sue sofferenze, perché And Nothing Hurt vuol dire E niente male.
Lo space rock degli Spiritualized in quest’ultima fatica, uscita a sei anni di distanza dall’ottimo Sweet Heart Sweet Light (2012), assume contorni più bucolici, sognanti e a tratti minimali. Ma il fascino è davvero quello di sempre.
Il banjo e l’ukulele di A Perfect Miracle immergono subito l’ascoltatore in una dimensione di sogno. Un paesaggio lacustre per raccontare emozioni semplici, quelle danno vita al miracolo perfetto di mr. Pierce.
In I’m Your Man, il singolo apripista, invece entra in scena la Telecaster del leader-solista degli Spiritualized che infioretta con accordi e frasi garbatamente distorte la melodia retrò che galleggia su un tappeto di ottoni e rievoca gli anni ’60 prima di esplodere in una assolo volutamente rozzo con qualche citazione hendrixiana. Potrebbe essere il lento da ballare con l’anima gemella.
Un piccolo cenno di field recording (i rumori di una radio che cerca di prendere un canale) introduce il folk-pop lento e morbido di Here It Comes (The Road) Let’s Go, in cui la chitarra spadroneggia con delicatezza e leggeri passaggi counttryeggianti.
Let’s Dance è leggermente più ritmata con una finezza degna di nota: le percussioni che disegnano un crescendo sul ritmo fisso della marimba, quasi un poliritmo minimale su cui si innesta la melodia delicata che assume le cadenze di una filastrocca.
Con On The Sunshine, Pierce trasforma la sua astronave in una macchina del tempo e lo space prende colori psichedelici, che rinviano un po’ ai Byrds e un po’ ai Doors.
Damaged, forse il brano più bello dell’album, è un lento notturno che sa di dolcezza e dolore, anch’esso da ballare guardando negli occhi chi si ama.
Ma tanta bellezza è solo una pausa che introduce alla sfuriata psichedelica sixty oriented di The Morning After, un caleidoscopio in cui il Nostro non si priva di niente, persino delle citazioni noise nelle parti strumentali.
A conferma che l’alternanza dolce-esagitato è un dop di And Nothing Hurt arriva la minimale The Prize, un lento pieno di atmosfere soffici un po’ doo whop.
Il viaggio termina con la più che sognante (e spaziale) Sail On Through, in cui le distorsioni noise diventano gentili come solo il Bowie prima maniera sapeva renderle.
L’astronave di Jason Pierce atterra sulle ultime note del brano in cui gli effetti orchestrali si mescolano all’elettronica sporca con una promessa non bellissima: And Nothing Hurt, ha dichiarato l’eclettico cantante-chitarrista-polistrumentista, è l’ultimo album intestato agli Spiritualized, tanto più che la formazione, instabile da sempre, si è dissolta.
Possiamo accettarlo e prendere in parola Spaceman J., ma ad un patto: che continui, anche da solo, a guidare la sua astronave. Sarebbe un peccato non poter ammirare più certe stelle. E sarebbe più difficile dire: e niente male.
Per saperne di più:
Da ascoltare (e da vedere):
16,398 total views, 2 views today
Comments