Oltre la gabbia bianca, il volo libero di Aléxein Mégas
Un video suggestivo e pieno di simbolismi accompagna White Bird, il singolo del compositore campano che mescola suggestioni orchestrali ed elettronica
Primo scenario: è l’inizio di una giornata, le macchine corrono su una strada a tre corsie. Un uomo sfoglia un libro mentre attende alla fermata di un tram per andare al lavoro. Ha in mano una gabbia bianca vuota, che è palesemente un simbolo.
Il tutto è commentato da un tappeto d’archi e di tastiere.
Secondo scenario: il tram si muove e l’uomo, con gabbia e libro attraversa la città. Lo ritroviamo in un ufficio, intento a lavorare al pc.
La musica diventa dinamica: alle armonie iniziali si aggiunge una ritmica dinamica, su cui si innesta una tromba che infioretta la melodia con inserti jazzistici.
Poi la musica cambia: la stessa armonia fa da sfondo a una base minimale percussiva ed elettronica, su cui l’uomo, su uno sfondo policromo, recita dei versi.
Terzo scenario: l’uomo rientra a casa. Ma si può davvero parlare di casa? Lo sfondo è un condominio anonimo e fatiscente con le pareti coperte di graffiti. Continua il crescendo del motivo orchestrale.
Poi c’è un altro brusco intermezzo: l’uomo è a letto, agitato. La musica cambia di nuovo: stavolta, il tema è eseguito da una chitarra acustica su un tappeto di percussioni.
Quarto scenario: dopo una pausa evocativa commentata da accordi di archi ed elettronica aperti, l’uomo, con annessa gabbia, è in un parco. È notte e medita.
Quinto scenario: riprende il crescendo, l’uomo è di nuovo in ambienti semidiroccati e fatiscenti. Poi un dettaglio del video lo inquadra mentre è intento di nuovo a leggere.
Termina così, in maniera quasi circolare, il video di The White Bird, il singolo di Aléxein Mégas, al secolo Alessandro Pinto, compositore originario di Casalvellino Marina (Sa).
The White Bird è un brano notevole, in cui sperimentazione e citazione si bilanciano con gran gusto e alle influenze dichiarate dall’autore (Bonobo, Nicholas Jaar, Jan Blomqvist, Muse e Safri Duo), si somma la lezione del Mike Oldfield più trasgressivo e protoelettronico (quello di Ommadown, per capirci).
È il caso, a questo punto, di spiegare i simbolismi del video attraverso le parole dell’autore, il quale è anche ideatore e interprete del video, che ricorre a una metafora sartriana.
Spiega Pinto: «La gabbia, in senso metaforico, vuole rappresentare la prigionia mentale dell’uomo. A un certo punto l’uomo cade in un sonno che rappresenta una sorta di trance durante la quale inizia il suo percorso di ribellione verso ciò che lo imprigiona. La seconda parte del video (che è quella più dinamica) è un mix di sogni e desideri che lo confondono e lo spaventano: un percorso faticoso ed ingarbugliato che, però, gli permette di ottenere la tanto desiderata serenità».
E la musica si somma alle immagini per rafforzare il concetto: «All’interno del brano si alternano una serie di crescendo tramite i quali, grazie a strumenti d’orchestra come fiati e percussioni, si marca l’idea di disagio ed instabilità, in contrapposizione all’equilibrio e alla linearità del ritornello. La tromba solista (che dà voce al “The White Bird”) urla dall’interno della gabbia il suo forte desiderio di libertà. Lo stesso ritornello cita una breve frase che descrive la danza frenetica di uno spirito intrappolato che riesce a fuggire trovando sfogo in una delle forme d’arte (nel mio caso, la musica), ma che continua quest’estenuante lotta tra libertà e schiavitù che opprimono la propria pura autenticità».
Non resta che attendere l’album completo di Mégas, previsto per metà settembre. Certo che, se la premessa è White Bird, occorre attendersi grandi cose…
Per saperne di più:
Da ascoltare (e da vedere):
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