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Un primo piano colorato di Elena Iamonte, in arte Helen

L’arte italiana canta in francese. Intervista a Helen

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La giovane artista valdostana taglia il traguardo del terzo disco in tre anni e fa il punto sulla sua carriera, basata su una formula musicale originale piena di stimoli internazionali

La valdostana Helen, al secolo Elena Iamonte, è una millennial piena di talento e passione.

Un talento affinato dagli studi di canto, lirico e moderno, e dalla pratica su vari strumenti, acustici (chitarra e flauto traverso) ed elettronici (il synth, il campionatore e la loop station).

Helen si cimenta al basso

Alla preparazione e all’impegno, si aggiungono nel suo caso altri due elementi importanti: la voglia di bruciare le tappe e un incontro artistico fortunato.

La prima è testimoniata dalla discografia: nel giro di tre anni ha pubblicato un singolo (Now I See, del 2018), un ep (Helen del 2019) e due album (Clouds e Aria, entrambi del 2020).

L’incontro galeotto è quello con Simone Momo Riva, polistrumentista geniale e patron della Tde ProductionZ, che ha guidato la giovane artista nei primi passi della carriera solista ed è coautore del recentissimo Aria. Partiamo proprio da questo ultimo album, in cui Helen si dimostra a suo agio nel cantato bilingue, cioè in inglese e francese, indice di una visione internazionale.

Aria, racconta la giovane polistrumentista, «è un disco che parla di libertà, sogni, sentimenti, diritti e amore e descrive a trecentosessanta gradi il mio mondo interiore».

Un primo piano sognante di Helen

Il tuo album è a dir poco originale, visto che sperimenti vari linguaggi artistici con una certa efficacia.

Mi sono divertita a spaziare dal mondo elettronico a quello acustico, ricercando ogni suono con cura, mescolando ritmi trap e sonorità pop. Ho cercato di mettermi alla prova stravolgendo gli arrangiamenti che ritenevo più scontati e banali per dare vita a qualcosa di unico e personale che rispondesse alle mie esigenze espressive.

Com’è nato il sodalizio con Momo Riva?

Ho conosciuto Momo Riva nel 2018, quando andata al TdE Studio con l’intenzione di registrare alcuni inediti. Lui è stato il primo a credere nelle mie canzoni e a valorizzarle. Voglio sottolineare il suo contributo ad Aria, in cui ha arrangiato, prodotto e suonato con me i brani, dandomi sempre ottimi consigli.

Un’altra tua peculiarità è il cantato in francese. Quali potenzialità ha l’uso di questa lingua, a dirla tutta non frequentissimo a livello internazionale?

Nel mio caso, è stata una scelta spontanea: la mia regione è francofona, perciò ho studiato il francese sin dalle elementari. Scrivere e cantare in francese mi consente di esprimere al meglio una parte della mia cultura e, quindi, della mia personalità.

Quindi hai senz’altro dei punti di riferimento nella scena artistica d’Oltralpe…

Per parlare dei miei modelli nel panorama musicale francese devo fare un salto indietro di circa 170 anni. Ho studiato per un breve periodo canto lirico al Conservatorio della Valle d’Aosta e questo mi ha permesso di avvicinarmi alle opere di Gabriel Fauré, che sono state per me una grande fonte di ispirazione. Tra gli artisti francesi conteporanei, citerei, in ordine cronologico, Serge GainsbourgCamille e Christine and the Queens.

Un’altra cosa che si apprezza nei tuoi lavori è il tuo talento di polistrumentista. In che modo hai sviluppato e curato questo approccio totale alla musica?

Ho iniziato da autodidatta sin dalla più tenera età. Ricordo che da adolescente mi fermavo sempre davanti ai negozi di musica ad ascoltare i musicisti di esperienza mentre provavano lo strumento da acquistare: li ammiravo molto e pensavo che non sarei mai riuscita a essere come loro. Tuttavia, col passare del tempo ho capito che i limiti erano soltanto nella mia testa e che dovevo abbattere queste barriere. Così ogni volta che sentivo la necessità di avere un nuovo strumento, mettevo da parte i soldi e andavo subito ad acquistarlo per studiarlo. Il mio approccio con ogni strumento è strettamente artistico: mi permette di trovare l’ispirazione per i miei brani e di potermi esprimere in modo molto personale.

E che ci dici, invece, del tuo rapporto con l’elettronica, l’audio editing e l’effettistica?

È più recente: ho visto all’opera Momo Riva e mi si è aperto un mondo. Mi sono innamorata del concetto di produzione e ho iniziato ad approfondirlo.

La copertina di Aria

Come stai vivendo, da artista e a livello personale, le difficoltà dovute all’attuale emergenza imposta dalla pandemia?

È un periodo di estrema difficoltà per tutti, soprattutto per noi artisti. Io ho cercato di non scoraggiarmi e di affrontare questa situazione negativa come uno stimolo per dare sfogo alla mia creatività. È stato un periodo in cui ho composto molto (la maggior parte dei brani di Aria sono nati durante il lockdown totale della scorsa primavera) e in cui ho lavorato molto anche sulla mia crescita musicale.

Quali sono i tuoi programmi per il futuro?

Il mio sogno più grande è poter vivere di musica e di arte. Per me creare è sempre stata una necessità che nasce dal profondo e lavorerò sodo ogni giorno per raggiungere i miei traguardi.

(a cura di Andrea Infusino)

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