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Wunderkammer: i gloriosi ’70 secondo i Blind Golem

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Undici riuscitissimi omaggi agli Uriah Heep nel secondo album della band veronese che si ispira alla lezione dei maestri con stile e senza mai scadere nella nostalgia

Limitiamo al massimo le citazioni colte. Ci limitiamo a dire che Wunderkammer, espressione di origine rinascimentale, sta grosso modo per raccolta o collezione, ovviamente di cose particolari e importanti o, come suggerisce il termine, meravigliose.

Forse non a caso, Wunderkammer (Andromeda Relix 2024) è anche il titolo del secondo, notevole album della band veronese Blind Golem, specializzata in un hard rock dalle sonorità seventy e pieno di ammiccamenti progressive. Per capirci, a cavallo tra gli Uriah Heep di Demons & Wizards e Return To Fantasy e i Deep Purple meno heavy dello stesso periodo.

In pratica, fanno quello che gli Uriah Heep – passati nel frattempo a un classic metal decisamente più moderno – non fanno più.

Dunque: non c’è da meravigliarsi se la (notevole) voce di Andrea Vilardo ricorda quella del grande e compianto David Byron con l’aggiunta di qualche sfumatura metal.

L’attuale formazione dei Blind Golem

Ne ci si deve stupire del riffing sfacciatamente settantiano del chitarrista Silvano Zago, che in molti soli bluesy e carichi di wha wha arriva a parafrasare Mick Box. Discorso analogo per il cantante-bassista Francesco Dalla Riva, che ricorda a livello vocale l’altro Heep Bernie Shaw e a livello strumentale si segnala per un approccio ritmico-armonico robusto ed elaborato, in linea con l’hard-progressive seventy style.

Anche l’eccellente tastierista Simone Bistaffa alterna passaggi prog e galoppate all’Hammond in cui cita contemporaneamente i compianti Ken Hensley e John Lord.

Di tutto rispetto pure il drumming martellante, duro e forte ma mai eccessivo di Walter Mantovanelli.

Completano la squadra due ospiti: Daniela Pase che si occupa della voce e delle parti aggiuntive di tastiera, e Alessandra Adami, che duetta con suo marito Dalla Riva in It Happened Into The Woods.

Il tutto è ben amalgamato dalla produzione efficace di Fabio Serra, che dosa bene pastosità e pulizia dei suoni.

Menzione a parte per l’artwork della bella copertina, affidato al mitico Rodney Mattews, illustratore per tutti i big del rock settantiano.

E ora parliamo pure di musica.

Wunderkammer: undici tuffi nei ’70 più puri

Un pattern tosto ed efficace di batteria apre Gorgon, che si segnala per il suo riff a cavallo tra Uriah Heep e Deep Purple. Ottimo l’intermezzo strumentale, affidato a uno stacco di tastiera che introduce l’assolo Box-style di Zago.

Sulle medesime coordinate heepiane Some Kind Of Poet, che inizia con un riff di organo e chitarra che sembra rievocare la mitica Gipsy. Notevole il bridge melodico e arioso, su cui Vilardo sembra quasi volare. Notevole la coda strumentale del pezzo, in cui l’Hammond di Bistaffa spadroneggia alla grande.

Lo stesso Bistaffa è autore dell’intro di organo ispirato al mitico Ken Hensley di Endless Run, che si regge su un refrain arioso e armonie celestiali. In questa bella canzone emerge l’anima prog, con riferimenti precisi alle italianissime Le Orme e Pfm. Efficacissimi il duello tra tastiere e chitarra della parte centrale e la lunga coda affidata al Moog e piena di echi psichedelici.

La copertina di Wunderkemmer

Man Of Many Tricks si segnala per i continui cambi di atmosfera. Il brano attacca con un riffone pesante e un durissimo unisono tra voce e chitarra, poi evolve in un bridge epico e arioso, che si stempera nel coro ultramelodico, quasi da ballad. Notevole anche l’assolo di chitarra. Ottimo il lavoro a due voci di Vilardo e Pase.

Altrettanto guitar oriented la seguente How Tomorrow Feels, cantata da Dalla Riva.Un bel brano carico di pathos e melodia, che rinvia di nuovo al prog italiano e al rock melodico degli anni ’70.

Un riff leggermente più doom, pieno di richiami sabbathiani introduce la lunga e articolata Golem!, che si sviluppa su un refrain terzinato carico di dinamica. Bello il coro in crescendo e i continui stop and go, valorizzati dalla chitarra che cita Box e Iommi quasi simultaneamente. Il brano potrebbe essere uscito benissimo da Return To Fantasy. Ma anche da Sabbath Bloody Sabbath. Ma siccome Zago non si accontenta di sfornare riff a ripetizione, è doveroso segnalare il suo uso magistrale della slide, che duella con l’Hammond scatenatissimo.

Poi il tutto si placa nella coda strumentale, che inizia con uno stacco di acustica su cui si innestano dei synth efficacisssimi. Il riferimento a Demons & Wizards è praticamente obbligato.

Un pezzone da applausi, non c’è che dire.

La slide di Zago introduce anche la seguente Just A Feeling, un altro mid tempo heepiano, tutto crescendo e pathos e stracarico di suggestioni ultraprogressive.

Nella già menzionata It Happened Into The Woods predominano le atmosphere cinematiche, ben incorniciate da un riffing doom che – oltre che ai Black Sabbath – rinvia ai Black Widow e agli High Tide. Il coro centrale e il solo di chitarra, epici e melodici, ritornano a essere Heep.

La spedita Born Liars è il primo singolo. Non a caso: è un pezzo orecchiabile che propone la formula dei Blind Golem, un po’ alleggerita e leggermente più accattivante.

Green Eye è il brano più heepiano dell’album. E anche stavolta non è un caso: il pezzo fu composto da Hensley per la band britannica ma non fu mai pubblicato.

Oggi sembra quasi una beffa che i veronesi suonino questa cover con una fedeltà allo stile originale che forse gli Uriah Heep di oggi non avrebbero.

Chiude Golem Reprise… Entering The Wunderkammer, una ripresa strumentale di Golem!, concepita come una (peraltro efficacissima) sigla di coda, sulla quale si sbizzarrisce alla grande la chitarra di Zago.

I Blind Golem in azione sul palco

Gli anni ’70 secondo i Blind Golem

Nessuno si meraviglia che l’Italia sia piena di artisti più o meno derivativi, i quali spesso impazzano nel mainstream senza quasi che gli addetti ai lavori se ne accorgano.

Così è, per fare un esempio illustre, per i bravissimi Negramaro, che pure sono pieni di debiti artistici verso The Muse (almeno da Casa 69 in poi)

Oppure, per scendere un po’ di livello, per i gettonatissimi Maneskin, che della derivatività hanno fatto un marchio da esibire con orgoglio.

Tuttavia, basta approfondire un minimo la storia dei Blind Golem per capire come quella della band veronese sia stata una vera e propria scelta artistica presa e gestita con passione.

Nati come Forever Heep, ovvero come coverband dei grandi britannici (e, in quanto tali, tenuti a battesimo da Ken Hensley in persona), i cinque artisti veronesi hanno tentato un particolare salto di qualità: riproporre quel grande hard rock, che sfondò anche in Italia, ma poi non prese piede a causa dell’ottusità di certa critica più ideologizzata che preparata.

Missione riuscita in pieno: Wunderkammer e il suo predecessore A Dream Of Fantasy (2021), sono due album potenti, ben ispirati e corretti a livello filologico.

Accantoniamo ogni tentazione critica sulla poca originalità dei Blind Golem: il grande rock a cui si ispirano chiede solo di essere ancora prodotto e di essere prodotto come di deve. Cosa che la band veneta ha fatto alla grande.

Non resta che ascoltare a dovere.

Per saperne di più:

La pagina Facebook ufficiale dei Blind Golem

Da ascoltare

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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