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The Human Fear: il nuovo art rock dei Franz Ferdinand

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Formazione rinnovata e suoni ammodernati nell’ultimo album della storica band di Glasgow che vira verso atmosfere più pop e danzerecce, senza perdere la passione degli esordi

Sì, sono sempre loro. A dispetto degli anni che passano, dei cambiamenti e dei necessari adattamenti. Gli scozzesi Franz Ferdinand hanno cambiato quasi totalmente formazione e, forse, hanno perso un po’ dello spirito delle origini, cosa inevitabile dopo ventitré anni di carriera, durante i quali nel mainstream è cambiato il mondo e l’etichetta indie si è praticamente svuotata.

Detto questo, The Human Fear (Domino Records 2025), settimo album in studio della storica band di Glasgow, è un disco significativo e ben concepito, che oscilla tra brit pop, richiami new wave e post punk e sconfinamenti nell’elettronica, più qualche ammiccamento etnico. Vi pare poco?

La formazione attuale dei Franz Ferdinand

Alex Kapranos, cantante-chitarrista e leader fondatore, riesce a tenere botta assieme al bassista e altro fondatore Bob Hardy e all’apporto dei nuovi innesti.

Sono il tastierista Julian Corrie, il chitarrista Dino Bardot, che ha preso il posto del carismatico Nick McCarthy, e la batterista Audrey Tait, che ha rilevato le bacchette dell’altro fondatore Paul Thomson.

A dirla così, sembra che i Franz Ferdinand odierni siano poco più di un progetto solista di Kapranos. In realtà, The Human Fear è il prodotto maturo di una squadra affiatata, che riconosce senz’altro la leadership ma contribuisce comunque a un progetto che resta corale e persegue una poetica coerente negli anni. Anche estetica: la copertina di quest’ultimo album, che cita in maniera sfacciata l’autoritratto dell’artista ungherese Dora Mauer, riprende le influenze, tipiche per la band, dell’arte visuale della vecchia Europa sovietica.

Ma passiamo volentieri agli undici brani che compongono i poco più di trenta minuti di durata del disco, legati da un filo conduttore sottile (ma a detta Kapranos comunque robusto): la paura come stimolo alla lotta. Il tutto diluito in atmosfere leggere e danzerecce, a riprova che il pop, quando è fatto bene, non è una parolaccia.

Franz Ferdinand: indie rock a passo di danza

«Alright, here we go with riff one» esclama Kapranos in apertura d’album. E dà il via alle danze con Audacious, che alterna un riff leggero alla Rem, su cui si regge il refrain, con un bel coro beatlesiano in perfetto brit pop style.

Melodia ariosa e sognante su un bel ritmo che smuove i piedi. Come biglietto da visita non c’è male.

Un bel basso pulsantissimo accompagna la radiofonica Everydaydreamer, piena di richiami godibilissimi all’indie anni ’90 e a certa new wave d’antan.

La copertina di The Human Fear

La new wave si mescola al post punk nella rimatissima e veloce The Doctor.

Le suggestioni da dance club spadroneggiano prepotenti nella divertente Hooked, che riprende e aggiorna ancora una volta la lezione degli anni ’80 grazie a un uso forte ma non (troppo) invasivo dell’elettronica.

Al contrario, Build It Up è un brano guitar oriented che oscilla tra le atmofere folk rimarcate dall’intro praticamente acustica e il pop rock garbatamente elettrico del refrain.

Atmosfere forti ma prevalentemente acustiche in Night Or Day, scandita dagli accordi martellanti di un piano honky tonk.

Gli arpeggi del piano, con relativo tappeto di archi e synth, accompagnano l’atmosferica Tell Me I Should Stay, in cui Kapranos fa in parte il verso a Nick Cave e poi si lancia nel crescendo beatlesiano del coro.

A cavallo tra folk rock e Beach Boys, la ritmatissima Cats, in cui le chitarre mescolano suoni surf e citazioni country.

Una bella immagine di Alex Kapranos in concerto

Black Eyelashes, concepita come un omaggio alle radici greche di Kapranos, è un simpatico esempio di sirtaki rock, malinconico e sgangherato quel che basta per rievocare le atmosfere balcaniche.

Le strizzate d’occhio al post punk e all’indie d’inizio millennio abbondano nella spedita Bar Lonely.

Chiude l’album la bizzarra The Birds, che si regge su un wall of sound di chitarre acide e cita un po’ i Beatles del periodo psichedelico e un po’ i Doors (Kapranos fa il verso in maniera sfacciata a Jim Morrison).

The Human Fear: il buon ritorno dei Franz Ferdinand

Quando si ha a che fare con vecchie glorie di un genere (ma è poi davvero tale?) derivativo come l’indie rock, c’è sempre chi storce un po’ il naso. E, nel caso di The Human Fear lancia una critica scontata: troppo pop e troppa dance.

Ce ne faremo una ragione: è difficile immaginare, d’altronde, un pubblico di over quaranta (gli ex teenager della switch generation) pogare sotto un palco o nel salotto di casa… non sarebbero capaci di tanto neppure i boomer dell’heavy metal e del punk (quelli veri).

I Franz Ferdinand si ripropongono al loro pubblico con un album onesto e pieno, a modo suo, di citazioni colte che, tuttavia, non si risolvono in mere operazioni nostalgia rivolte agli anni ’80 e ’90. Revival sì, ma senza esagerare, quando si ha una sfida ben precisa: mantenere i propri fans e, allo stesso tempo, tentare una pesca nelle nuove generazioni.

Una missione più che alla portata della band di Glasgow.

Per saperne di più:

Il sito web ufficiale dei Franz Ferdinand

Da ascoltare (e da vedere):

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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