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I Vanden Plas

The Empyrean Equation: il prog metal di classe dei Vanden Plas

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Undicesimo album in studio per la band tedesca, che cambia tastierista, sfiora i trentacinque anni di attività e si prepara a tornare in tour

Un titolo non facilissimo per un album di notevole complessità: The Empyrean Equation Of The Long Lost Things (Frontiers Records 2024), undicesimo disco in studio dei Vanden Plas, è un esempio di prog metal elaboratissimo, ai limiti del sinfonico, e maturo.

E non potrebbe essere altrimenti, nel caso della band tedesca, che vanta trentatré anni di carriera e una produzione brillante.

Poche novità e pochi scossoni per quest’album, che segue di quattro anni il precedente The Ghost Xperiment: Illumination. Giusto un cambio di formazione, che dà una spolverata tricolore al gruppo: l’ingresso del polistrumentista Alessandro Del Vecchio al posto dello storico tastierista Günter Verno, che ha lasciato lo scorso anno.

La copertina di The Empryrean Equation Of The Long Lost Things

Per il resto, tornano a dare grande prova di sé il cantante Andy Kuntz (che sembra un clone vocale del mitico James La Brie), il chitarrista e songwriter Stephan Lill, il bassista Torsten Reichert e il batterista Andreas Lill.

Il risultato è perfettamente in linea con la reputazione che il gruppo si è costruita in decenni di duro lavoro: sei brani lunghi e articolati, pieni di cambi di tempo e di atmosfera, in cui la durezza del riffing e la potenza della sezione ritmica si sposano alla grande con un gusto melodico non banale.

Sei gemme metalliche di prog purissimo

La sarabanda sonora di The Empyrean Equation Of The Long Lost Things inizia coi delicati accordi di piano che introducono la title track. Che è, di fatto, un articolato pezzo strumentale: la parte cantata, tra l’altro breve, inizia a circa metà brano e separa le scorribande jazz rock della prima parte (notevolissima la perfomance di Stephan Lill) dai cadenzati riffoni power metal della seconda.

Più compatto e breve, My Icarian Flight, tra l’altro singolo apripista, si segnala per il bel refrain arioso innestato su un arrangiamento potente come al solito. Di grande effetto il break elettronico a metà brano che porta al finale tostissimo con riff su tempi dispari. Anche nei momenti più immediati, i Vanden Plas non sanno rinunciare alla loro elegante complessità.

Le sonorità diventano più canonicamente metal in Sanctimonarium: riff tosto e cadenzato nella parte iniziale, melodie epica nel refrain, cori ariosi e sognanti e, per arricchire il tutto come si deve, raffinatissimi inserti di tastiera (synth e Hammond) che danno un bel tocco anni ’70.

Le citazioni power (che rimandano ai Gamma Ray) si innestano in una (come sempre) raffinata struttura prog in stile Dream Theater. Belli di nuovo gli interventi dell’Hammond e suggestivi i cori in crescendo.

I Vanden Plas in azione sul palco

Melodie dolci e pathos drammatico nell’iper atmosferica They Call Me God, che inizia con sonorità rarefatte ed esplode in un crescendo epico.

La conclusiva March Of The Saints è una specie di enciclopedia del prog secondo i Vanden Plas, che danno fondo al loro tanto mestiere. E nel brano ci sono un po’ tutte le specialità del repertorio: melodie suggestive, chitarre fortissime, sezione ritmica mutevole e iperdinamica, solisti scatenati e tempi dispari. Il tutto in un disegno musicale coerente che culmina in un finale epico, fatto apposta per lasciare una bella sensazione nell’ascoltatore.

Crescere nella tradizione

Il prog metal ha più di trent’anni: la stessa età dei Vanden Plas. A differenza di altri sottogeneri dell’heavy, il prog è fortemente derivativo e molte volte è solo un pretesto per esibire complessità e virtuosismo.

Ciò significa che il prog metal è una nicchia musicale satura da anni in cui innovare è praticamente impossibile. Per tutti, a partire dai mostri sacri e dai padri fondatori. Questo problema riguarda, va da sé, anche la band teutonica, che tuttavia scansa le difficoltà con eleganza.

Un’espressione intensa di Andy Kuntz dal vivo

I cinque tedeschi riescono ad essere creativi mantenendosi nei canoni e senza mai forzare la mano. In pratica, puntano sul sicuro e vincono facile.

The Empyrean Equation Of The Long Lost Things è una miniera di spunti sia per i fan del prog sia, più semplicemente, per gli amanti della buona musica.

Augurare a entrambi un buon ascolto può essere il minimo.

Per saperne di più:

Il sito web ufficiale dei Vanden Plas

Da ascoltare (e da vedere):

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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