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Addio ai lustrini, parla il rock. I nuovi anni ’80 dei Jetboy

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A ventinove anni dall’ultimo album tornano i “fratelli minori” di Motley Crue e Poison con Born To Fly, un omaggio al glam più ruvido e coinvolgente

I capelli platinati non ci sono più. In compenso, come fatalmente avviene, c’è qualche ruga, che resta confinata al viso e, per fortuna, non contagia il pentagramma.

Ruvidi, tosti come sempre, i californiani Jetboy, già robusta meteora del glam anni ’80, sono tornati a incidere a ventinove anni di distanza dall’ultimo album, il valido Damned Nation (1990) uscito proprio mentre il grunge spingeva la scena metal nel riflusso, e a nove dall’ep Off Your Rocker (2010), il primo segnale di vita dopo la reunion del 2005.

I Jetboy ogg

Born To Fly, uscito da poco per la napoletana Frontiers, consegna agli ascoltatori una band che appare ben sopravvissuta al declino, non tanto personale ma dell’intera scena, iniziato nei ’90 e capace di graffiare ancora come si deve.

Ma trent’anni non passano invano per nessuno, tantomeno per Mickey Finn, che non esibisce più la zazzera bionda con taglio quasi punk, ma fa mostra ancora di un timbro vocale ruvido ed efficace. Stesso discorso per i due chitarristi Fernie Rod e Billy Rowe, superstiti del nucleo storico della band assieme al frontman, capaci di un riffing al passo coi tempi ma piacevolmente legato alle sonorità dei ruggenti ’80.

A proprio agio nel contesto musicale, la nuova sezione ritmica, costituita dal bassista Eric Stacy (già nei Faster Pussycat) e dal batterista Al Serrato.

La copertina di Born To Fly

Un urlo alla Rob Halford lancia la pesante Beating The Odds, ottima open track dal riffing pesante e dal ritmo spedito, in cui i tre fondatori danno ottima prova di sé, sia nel refrain heavy al punto giusto, sia nei riff tosti, sia infine negli assoli, veloci e pieni di buon gusto melodico.

Più cadenzata, la title track è una bella retrospettiva ottantiana, in cui il riffing alla Ac/Dc convive con una linea vocale che ricorda non poco i Def Leppard.

Ruvida e veloce, Old Dog New Tricks mescola un andamento heavy a richiami southern, grazie anche alle ottime incursioni di Finn all’armonica.

The Way That You Move Me è una semi ballad acustica dall’atmosfera sognante e dal sound westcoastiano e dall’approccio intimista (infatti, è dedicata al figlio del frontman).

Con la ritmata e allegra Brokenhearted Daydream si ritorna all’hair metal d’epoca, pieno di strizzatine d’occhio ai Bon Jovi e ai Poison vecchia maniera.

Inspiration From Desperation, dedicata all’attuale situazione politica statunitense, ha una gradevole cadenza rock blues che sposta il sound sul versante degli Aerosmith più hard.

Più spedita e caratterizzata da un bel giro di basso, All Over Again richiama un po’ lo sleaze dei primi Guns ’N Roses, grazie al refrain accattivante ben interpretato da Finn.

Lo zampino degli Ac/Dc torna a farsi sentire nella scanzonata She, che rievoca l’immaginario sessista dell’hair d’epoca.

Trascinante e carica di groove, A Little Bit Easy è un altro efficace omaggio agli Aerosmith, arricchito dalle finezze dei due chitarristi, che lanciano riff funkeggianti dal sound gradevolmente vintage, marcato da un efficace uso del wha wha e di altri effetti retrò.

Every Time I Go è una canzone d’amore in chiave rock, dedicata da Finn alla propria consorte, dal ritmo spedito e dall’atmosfera allegra.

Smoking Ebony è un southern rock torrido e sensuale, non poco debitore agli ZZ Top, ben caratterizzato dalla chitarra slide di Rowe.

Chiude la scanzonata Party Time!, un omaggio ai lustrini degli anni d’oro pieno di affettuosa nostalgia.

Come da tradizione Frontiers, a mo’ d’appendice i Jetboy regalano agli ascoltatori una versione acustica della title track, interpretata in chiave country folk.

I Jetboy nei ruggenti ’80

Gli Ottanta sono tornati? Proprio no. È tornato, semmai, un certo modo di interpretare il rock: robusto, melodico e diretto, che è poi il miglior lascito di quegli anni pieni di sogni e di ottimismo, di cui i Jetboy sono stati validi interpreti, a dispetto del fatto che la loro carriera è stata compressa prima dal ruolo preponderante di Motley Crue e Poison e poi polverizzata dal grunge.

C’è da sperare che il ritorno sulle scene sia per la band di Hollywood l’inizio di una nuova giovinezza. 

Non fosse altro che, finché band come i Jetboy resteranno in pista, vuol dire che per il rock, quello vero, c’è speranza.

Per saperne di più:

Il sito web ufficiale dei Jetboy

Da ascoltare (e da vedere):

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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