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Inglorious? È solo un nome…

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La band britannica torna con Road To Nowhere, un ottimo album di hard rock anni ’70, pieno di riferimenti ad Aerosmith e Whitesnake interpretati con gusto e originalità

Una carriera lampo, iniziata nel 2016 con l’omonimo Inglorious e proseguita l’anno successivo col successo di Inglorious II, che si è piazzato in cima alle Uk Rock Charts.

E poi le defezioni, che hanno trasformato gli Inglorious quasi nel progetto solista del bravissimo Nathan James, ammiratore (e in parte imitatore) di David Coverdale, ma dotato di un’ugola che ricorda non poco quella di Glen Hughes.

Gli Inglorious

Per il recentissimo Road To Nowhere, pubblicato a fine gennaio dalla napoletana Frontiers, sono arrivati a dare manforte al cantante e al batterista Phil Beaver (unici superstiti della formazione originale) i chitarristi Danny Dela Cruz e Dan Stevens e il bassista Vinnie Colla, più il superproduttore Kevin Shirley, un mago delle consolle che vanta nel proprio curriculum big del calibro di Led Zeppelin e Aerosmith.

E i risultati si sentono eccome: l’album è un saggio tostissimo di hard rock dall’impostazione settantiana ma dal sound moderno e griffato, tirato e senza fronzoli, in cui l’omaggio ai padri non esclude un autonomo approccio creativo.

La copertina di Road To Nowhere

A proposito di padri, è proprio impossibile non menzionare gli Whitesnake più tosti, la cui lezione riecheggia forte nell’open track Where Are You Now?, che si segnala per un bel riffing massiccio carico di groove e per il bridge in crescendo dal sapore vagamente orientale.

Più americaneggiante, la seguente Freakshow si tiene in equilibrio tra un andamento bluesy, rimarcato dai suoni panciuti delle chitarre, e una bella linea melodica.

Un giro di chitarra acustica introduce Never Alone, una semi ballad dal refrain arioso in cui emerge invece la lezione degli Aerosmith, impreziosita da un arrangiamento raffinato in cui si segnala l’ottimo giro di basso di Colla.

Melodica e potente, Tomorrow omaggia di nuovo gli Whitesnake, di cui propone in maniera convincente e aggiornata i trucchi di repertorio: i riff ruvidi, le linee vocali suggestive e i crescendo carichi di pathos.

Dinamica e spedita, Queen colpisce duro con il suo sapiente gioco di controtempi e l’andamento a tratti funkeggiante.

L’omaggio agli anni ’70 prosegue con l’aggressiva Liar, in cui James rimoderna per l’ennesima volta la vocalità calda e graffiante di Coverdale.

In Time To Go il riferimento è duplice: agli Ac/Dc nel refrain e agli Aerosmith nei cori in crescendo.

A riprova che non c’è grande hard rock senza grandi ballad, gli Inglorious si cimentano nella grandiosa I Don’t Know You, un lento dalle atmosfere malinconiche e notturne squarciate qui e lì da esplosioni chitarristiche ben azzeccate.

Un arpeggio distorto di basso lancia la tosta e funkeggiante While She Sleeps, dotata di un refrain che richiama non poco i Toto e arricchita dalle incursioni dell’Hammond, suonato per l’occasione da Tony Draper.

Suggestioni psichedeliche nell’introduzione e riff ultrasettantiano pesantissimo (ai limiti del doom): sono i biglietti da visita della title track in cui emerge qui e lì anche qualche citazione zeppeliniana.

Chiude Glory Days, una ballad acustica dal retrogusto americaneggiante, in cui James sfoggia le sue non indifferenti potenzialità melodiche.

Come da tradizione Frontiers, non può mancare la bonus track, in questo caso una versione per solo piano (suonato di nuovo da Draper) e voce di I Don’t Know You, impreziosita da una corista brava (ma purtroppo anonima) che duetta con James.

Gli Inglorious dal vivo

Potenza, melodia quel che basta, aggressività non eccessiva e quel sincero omaggio ai big che, in operazioni come questa, è indice di passione e sincerità: Road To Nowhere, accolto dalla critica con una certa enfasi, è un ottimo esempio di hard rock contemporaneo oppure, si perdoni il gioco di parole, del modo in cui un genere saturo come l’hard può essere riproposto in modo convincente, senza cercare l’originalità a tutti i costi o perdersi in ricerche creative, tra l’altro non necessarie per questo genere.

Gli Inglorious si confermano con questo terzo album come band rivelazione di una scena britannica ed europea in cerca quasi disperata di nuovi classici.

Solo per questo meritano più di un ascolto attento.

Per saperne di più:

Il sito web ufficiale degli Inglorious

Da ascoltare (e da vedere):

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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