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Last In Line, continua l’eredità di Ronnie James Dio

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La band di Vivian Campbell e Vinnie Appice, allievi del grande cantante italo americano, sforna II, un album in cui il retaggio degli anni ’80 è riletto in un’ottica postmoderna, tra power e nu metal

Last In Line, ovvero: un altro tentativo di riprendere un certo discorso metal laddove Ronnie James Dio lo aveva lasciato quattordici anni fa, quando sciolse la sua band per tornare assieme assieme agli ex compagni dei Black Sabbath con cui trascorse l’ultima stagione della sua vita.

I Last In Line

A ripercorrerla col senno del poi, l’esperienza dei Dio fu seminale, perché fu la traduzione in chiave metal della duplice esperienza dei Rainbow e dei Sabbath. Detto altrimenti: la maturazione in chiave anni ’80 della grande tradizione hard settantiana. Una tradizione che forse si sarebbe persa senza l’iniziativa del grande e compianto italoamericano.

I Last In Line, fondati da due reduci dei Dio, sono i protagonisti assoluti di questa vicenda: il bravissimo Vivian Campbell, uno dei chitarristi più sottovalutati della scena metal, il batterista Vinnie Appice, che ha trascorso una vita a dimostrare di non aver nulla da invidiare al fratello maggiore, il leggendario Carmine, il bassista Phil Soussain, che ha rilevato il posto del compianto Jimmy Bain, scomparso dopo una dolorosa malattia tre anni fa, e il cantante Andrew Freeman, dotato di un timbro graffiante e melodico allo stesso tempo, che riesce a ricordare il grande Ronnie James senza sembrarne un clone.

La copertina di II

Ed è proprio questa l’arma vincente della band: riprendere il grande filone degli anni ’80 senza cadere nella trappola dei cliché o, al contrario, cercare di apparire innovativi a tutti i costi.

Né totem né tabù, per i Last In Line, che col recentissimo II, pubblicato dalla napoletana Frontiers, riprendono l’hard rock contemporaneo del precedente Heavy Crown (2016) e sfornano dodici ottimi brani, in cui l’omaggio al passato convive con uno sguardo rivolto al futuro.

Il tempo di un minuto, per ascoltare un’Intro cupa ed evocativa, e si parte subito alla grande con la tosta e cadenzata Black Out The Sun, in cui un riff alla Iommi lancia il refrain maestoso interpretato da Freeman con grande sicurezza. Notevole anche l’assolo di Campbell, che dà prova delle sue notevoli capacità tecniche senza eccedere.

Più spedita e meno pesante, Landslide si segnala per il refrain più melodico e arioso, che tuttavia non sconfina nell’aor e si mantiene con grande efficacia nel territorio hard. Campbell stavolta osa di più e si lancia nelle frasi veloci che lo hanno reso celebre sin dai primi’80.

Vivian Campbell

Gods And Tyrants, forse il pezzo più originale della raccolta, si muove su un riff alla Jimmy Page e sugli abili controtempi della sezione ritmica, che si dimostra capace di picchiare e lavorare di fino allo stesso tempo. Ottime le interpretazioni dei due solisti: caldo ma mai sbracato Freeman e scatenatissimo Campbell, che infila un assolo micidiale su un tempo accelerato.

Tostissima e veloce, Year Of The Gun è il pezzo più heavy dell’album, grazie al drumming martellante di Appice e ai riffoni di Campell che si diverte a citare il Blackmore dell’era Rainbow. Ottimo come sempre l’assolo, stavolta su un tempo rallentato rispetto al resto del brano.

L’omaggio ai Black Sabbath dell’era Heaven And Hell si fa di nuovo sentire nella massiccia Give Up The Ghost, dotata di un riff avvolgente e oscuro.

Vinnie Appice

Molto particolare, la cadenzata The Unknown è un caleidoscopio di citazioni: si va dagli attacchi maideniani al refrain melodico e al coro epico con riffone alla Iommi.

Massiccia ed epica, Sword From The Stone è un omaggio al Dio più dark, curiosamente quello di Angry Machines, cioè fuori dall’esperienza di Campbell.

Più veloce, Electrified è un esempio di metal melodico e tirato, pieno di stop and go. Notevoli le parti soliste, sparate a tutta velocità su un controtempo marcato da un giro di basso davvero cazzuto.

La ruffiana Love And War si regge su dinamiche particolarissime: attacco alla Page, sviluppo alla Rainbow, intermezzo con un coro doom e assolo acido lanciato su un tempo in crescendo. Il tutto in perfetto equilibrio.

Potentissima ed heavy, False Flag parte con un giro di basso distorto e cupo che introduce un refrain epico che sfocia a sua volta in un coro dai sinistri accenni doom.

Vivian Campbell con Ronnie James Dio

Chiude la possente e melodica The Light, con l’ennesimo riff pesante, segno che Campbell ha bisogno di dar sfogo alle sue pulsioni più metal, forse un po’ compresse dalle produzioni griffate dei suoi Def Leppard.

Per i fan più incalliti, c’è la versione acustica di Landslide, inserita come bonus track nell’edizione giapponese.

Due omaggi in pochi mesi: dopo l’ottimo Until Death Do We Meet Again dei Dream Child del bravo Craig Goldy (che prese il posto di Campbell nei Dio), tocca ai Last In Line ricordare il Maestro.

Il testimone del metal passa alla generazione dei sessantenni, che dimostra di essere un ottimo ponte tra i grandi classici e la postmodernità.

Duri e squadrati, nostalgici quel poco che serve ma senza reducismi, Campbell e soci dimostrano che l’heavy tradizionale ha ancora molto da dire e grandi emozioni da dispensare. Da ascoltare con attenzione, perché molto futuro è nelle tracce di quest’album.

Per saperne di più:

Il sito web ufficiale dei Last In Line

Da ascoltare (e da vedere):

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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