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Bluestones, quando lo stoner incontra l’hardcore

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Suoni duri, ritmi mozzafiato e grande varietà in Groupie, il secondo album del power trio di Reggio Calabria

Che sullo Stretto di Messina non si suonassero solo tarantelle lo sapevano da un pezzo. E i Bluestones – un power trio reggino che mescola grunge, stoner e alternative rock con alcuni riferimenti all’hardcore anni ’80 – confermano che il clima mite e le bellezze del paesaggio non impediscono di picchiare duro sugli strumenti.

Groupie, registrato lo scorso agosto con una tempistica da record, è il secondo album del terzetto, undici canzoni toste e piuttosto variegate per quasi un’ora e mezza di musica ad alta tensione e senza cedimenti.

Come tutti i trii, anche i Bluestones giocano la carta del wall of sound: volumi a palla e ritmiche tesisissime, senza tuttavia sacrificare alcune finezze negli arrangiamenti (ottima, al riguardo, la prestazione del versatilissimo bassista Alessandro Romeo, che passa con disinvoltura da linee durissime e distorte ad arpeggi e contrappunti che aumentano lo spessore e la dinamica del sound in maniera non proprio scontata).

L’album parte a raffica con il riff imponente di Worn-out Organism, che si snoda su una tempistica cadenzata che ricorda alcune cose dei Jane’s Addiction, grazie anche alla somiglianza della voce del cantante.chitarrista Roberto Iero con quella di Perry Farrell. Il bridge e il coro in crescendo, piuttosto tipici del genere, e lo stacco strumentale centrale che, in maniera altrettanto tipica, alleggerisce l’impatto sonoro, sono ottimi biglietti da visita delle capacità strumentali dei tre, poco inclini ai virtuosismi individuali e concentratissimi sul gioco di squadra.

Ottimi anche i cambi di tempo di Death by Fire, che attacca con un riff alla Dead Kennedys e poi si evolve in un mid tempo per crescere di nuovo nei bridge e nel coro. Interessante anche lo stacco strumentale (è improprio definirlo assolo) della chitarra di Iero, che evoca atmosfere psichedeliche, prima del finale duro, in cui Romeo si diverte a inserire fraseggi velocissimi di basso come controcanto al riff punkeggiante di Iero.

Vs (Break the Inertia) parte con un arpeggio di basso e chitarra e poi cresce con un riff funky rock interrotto da stacchi in controtempo.

Più orecchiabile My Hurricane, che si sviluppa sul contrasto tra cantato melodico e sound duro.

La lunga (oltre otto minuti, ma c’è da dire che i Bluestones non scendono sotto i cinque minuti di durata) Mantide, forse la più interessante dell’album, colpisce per l’estrema varietà degli ambienti sonori: introduzione un po’ sabbathiana, con un arpeggio di basso e chitarra dilatati dall’eco e dai riverberi, riff doom e cambi continui di tempo.

Dopo il minuto della strumentale Pre-Scylla, i Nostri riprendono a picchiare duro con Scylla, forse il brano più pesante del disco, una canzone concepita e suonata secondo i canoni dell’hardcore più genuino, in cui si segnala il lavoro davvero notevole del batterista Vincenzo Cuzzola.

La seguente Pin-Up Goupies è invece un divertissment carico di swing, con tanto di sottofondo di fiati, in cui c’è di tutto: fraseggi rock, controtempi, stop and go e riff duri.

C Mazzone è un brano strumentale, zeppo di cambi di tempo e atmosfere.

Slave, invece, parte quasi come una ballad. Ma è solo un’impressione, smentita dalla cavalcata quasi metal della sue seconda parte.

Groupie si chiude con To Those Who Left Us, che con i suoi dieci minuti e rotti e il brano più lungo: una canzone particolare, che inizia con atmosfere doom piene di riferimenti psichedelici e culmina in un crescendo epico con tanto di armonie prog.

I Bluestones si confermano una band dalla forte personalità, segno che la loro ultradecennale esperienza, maturata soprattutto sui palchi underground del Sud Italia, ha dato buoni frutti.

I tre, che hanno appena pubblicato l’album, si preparano a un mini tour in Germania assieme ai teutonici Bone Man ed è certo che il loro sound massiccio metterà a dura prova le platee tedesche, che forse non aspettano altro che l’arrivo dei reggini per pogare alla grande.

Un augurio per concludere: che possano trovare più groupies (per chi non lo sapesse, le groupie sono le fan sfegatate e assatanate) possibile nel backstage. Possibilmente più carine di quella ritratta e caricaturata dalla brava Valeria Conti nella copertina dell’album.

Vivamente consigliato.

Da ascoltare:

Worn-out Organism

 

 

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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