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Scream for me, Bruce Dickinson ricorda la sua avventura a Sarajevo

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Un documentario ricorda il concerto del frontman britannico, appena uscito dagli Iron Maiden, nella capitale bosniaca, allora sotto l’assedio dei serbi. Imperdibile la colonna sonora che raccoglie i migliori brani del cantante che ha rivoluzionato il metal

Scream for me, urla per me, come sanno tutti i patiti del metal è l’invocazione che Bruce Dickinson rese celebre sin dagli anni ’80 nei mitici concerti degli Iron Maiden.

Ora è anche il titolo di un docufilm, proiettato nei cinema a maggio e disponibile in dvd, in cui viene raccontata per la prima volta al grande pubblico l’avventura più particolare (e pericolosa) vissuta dal frontman britannico.

La copertina di Scream For Me Sarajevo

Un’avventura musicale, certo, perché Dickinson, che aveva da poco lasciato i Maiden per perseguire la propria carriera solista, e i suoi Skunkworks a Sarajevo c’erano andati per suonare. Ma la Sarajevo visitata da Dickinson non era più la gemma multiculturale della Jugoslavia (dove tra l’altro i Maiden si erano esibiti più volte): era la capitale di uno Stato sconquassato da una delle più feroci guerre civili del secolo scorso. Era una città sotto assedio, attorno alla quale si consumava un gioco sporchissimo, sulla pelle dei suoi abitanti, che ancor oggi viene ricostruito con estremo imbarazzo dagli addetti ai lavori.

Scream For Me Sarajevo racconta il concerto tenuto dagli Skunkworks nel ’94, quando la capitale bosniaca era al secondo anno d’assedio, operato con brutale e spietata efficacia dalle milizie serbe della autoproclamata Republika Srpska.

Bruce Dickinson in giro per Sarajevo

Dickinson, stando al racconto della sua recente autobiografia, accettò di suonare a Sarajevo dopo essere stato contattato per telefono e senza sapere dei pericoli a cui lui e la sua crew sarebbero andati incontro. Il risultato? Il concerto meno pubblicizzato nella storia del Balcani, per ovvi motivi di sicurezza. Ma anche il concerto più seguito, perché la presenza di una star internazionale era un messaggio di speranza: tutta quella che riesca a trasmettere la musica. La grande musica, nel caso di Dickinson.

E parliamo proprio di questa a proposito della colonna sonora del docufilm.

Scream For Me Sarajevo (l’album), edito da Bmg poco prima dell’estate e del sessantesimo compleanno è una valida compilation di brani del cantante britannico, tutti composti al di fuori degli Iron Maiden, con l’aiuto del mitico produttore-chitarrista ispanoamericano Roy Z e con l’aiuto di una validissima squadra di musicisti, tra cui spicca l’allora ex Maiden Adrian Smith.

In Scream For Me Sarajevo troviamo gli hit dickinsoniani come Tears Of The Dragon (da Balls Of Picasso), una nutrita serie di brani da Accident Of Birth, l’album solista più riuscito del nostro (Darkside Of Aquarius, Road To Hell, Arc Of Space, Omega), tutti rimasterizzati per limarne le sonorità cupe originali e renderli più adatti a una colonna sonora, più qualche sostanziale inedito, come Acoustic Song ed Eternal, e una bella versione dal vivo di Inertia.

A voler essere pignoli, ci sarebbe da dire che la scaletta non combacia con gli avvenimenti raccontati nel docufilm: si pensi che Accident Of Birth risale al 1996, due anni dopo il concerto e un anno dopo la fine dell’assedio.

Bruce Dickinson in un frame del documentario

Ma è solo un dettaglio, perché l’album ha comunque un suo valore come best of, per raccontare con suoni rivisti la carriera solista di Dickinson.

Nel ’94 il vulcanico e colto frontman britannico, che ha inciso profondamente nel metal con le sue tonalità urlate, aveva trentasei anni e ancora tutta la voce. L’anno successivo, Sarajevo sarebbe uscita dall’assedio grazie alle pressioni della comunità internazionale e al gioco spregiudicato e sporco dei protagonisti di quella feroce guerra civile (gli ustascia croati mollarono i serbi per allearsi coi mussulmani in cambio del sostegno tedesco e americano e della sostanziale impunità e Milosevic mollò i serbi di Bosnia dopo averne alimentato la propaganda e le milizie per anni).

Ma la musica, che forse fece da balsamo alle ferite di quella bellissima città, arrivò come un miracolo in quel contesto. E ci piace pensare a questo bell’album, che ricorda quegli eventi terribili, come a un auspicio per la resurrezione di Sarajevo, che forse non ha ancora finito di asciugarsi le tante lacrime di sangue versate allora.

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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