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Massimo Ranieri sbanca in Calabria

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Un concerto da brividi al porto di Cetraro dell’artista napoletano, che, a dispetto dei suoi sessantasette anni, tiene il palco con energia e carisma

Forse è un fuori tema per gli argomenti a cui sono abituati i lettori de L’IndYgesto. Ma Gianni Calone, alias Massimo Ranieri, merita questo e altri sconfinamenti. E non per quello che canta e recita, ma per come lo canta e lo recita.

Basta vederlo dal vivo per restare ammaliati dalle sue interpretazioni e dalla sua capacità di strappare applausi anche al pubblico più scettico.

Capacità esibita alla grande la sera del 14 agosto a Cetraro, nella sua tappa calabrese dell’estate 2018, nei pressi del Porto della cittadina tirrenica.

Massimo Ranieri interpreta Carosone

Arena piena di persone eleganti, la maggior parte un po’ avanti negli anni sebbene i giovani non siano mancati e palco minimale ma impostato in maniera teatrale, con i validissimi musicisti in posizione arretrata e su pedane rialzate, in modo da lasciare il proscenio all’istrionico signore della serata. Il tutto condito da un sapiente gioco di luci impreziosito da una trovata minimale ma efficace: un telone nello sfondo su cui venivano proiettate le immagini riprese da una telecamera piazzata sotto il rullante della batteria.

Il Massimo nazionale ha dato fondo alle sue risorse, di ugola e di istrionismo in uno spettacolo di alto livello, in cui ha rinverdito i suoi successi e i classici, napoletani e non.

Ed ecco che le oldies, come Erba di casa mia, che spopolava quando molti quarantenni non erano nati, sono riuscite a strappare applausi a scena aperta.

Tra una canzone e l’altra, il Nostro ha intrattenuto il pubblico con amarcord (bello quello dedicato a Giorgio Strehler, suo maestro di teatro, anzi Teatro), gag e sapienti introduzioni, giusto per ricordare due cose: innanzitutto, che il suo è uno spettacolo di teatro-canzone e che questo spettacolo è pieno di memorie e ricordi legati ad almeno tre generazioni di quella scena culturale che ha il suo epicentro in Napoli ma ha saputo conquistare il mondo.

Già: interprete popolare, ma non nazionalpopolare, Ranieri è riuscito a rendere la napoletanità con classe, limandone gli aspetti popolani ed esaltandone quelli più spendibili per platee non solo meridionali.

Un momento del concerto a Cetraro

Perciò lo scugnizzo non potava non omaggiare alla grande il Principe De Curtis, di cui ha imitato la voce, le smorfie e i passetti alla perfezione.

E non poteva mancare l’omaggio al primo, grande interprete moderno della canzone napoletana, a cui si richiamano persino i tamarri della neomelodica: sua maestà Renato Carosone, celebrato con una versione jazzata di Pigliate ’na pastiglia, interpretata con un borsalino e una giacca gessata da gangster old fashion, e, nel bis, con una cover di ’O Sarracino di cui sono stati esaltati gli aspetti più orientaleggianti.

Ma torniamo ai classici di Ranieri: proprio la loro esecuzione conferma che la retorica è tutta una questione di credibilità. Li cantasse un altro, Rose rosse, Se bruciasse la città e Perdere l’amore diventerebbero brani banali. Che è poi quel che avviene puntualmente quando ne ascoltiamo le cover più o meno improvvisate nelle feste di piazza (a tacere delle storpiature da Corrida dei karaoke).

Nell’ugola del padrone, invece, la retorica diventa credibile e quell’universo melosentimentale sanremese di cui l’artista di Santa Lucia è uno degli esponenti di punta, si materializza e avvolge anche gli ascoltatori più scettici.

Credibilissima, ad esempio, Se bruciasse la città, restituita in una versione graffiante con un bel riff di chitarra rock alla Survivor.

Ariosa e alleggerita dalle vecchie pesantezze orchestrali, anche Rose rosse riesce a coinvolgere. E Perdere l’amore, interpretata col pathos di sempre, strappa la standing ovation poco prima dei bis.

Anche il confronto con un altro grande della canzone, Charles Aznavour, è risultato vincente. Impresa non facile, perché la cover scelta, Quel che si dice, non è di quelle facili, sia per gli argomenti (l’omosessualità e il travestitismo), sia perché la chanson francese non è facilissima da rendere senza sacrificarne l’atmosfera.

Tuttavia il Massimo più universale è quello napoletano, che interpreta anche classici come ’O Marenariello e I te vurria vasà, rispettandone la formula originale che li ha resi celebri e personalizzandoli quel che basta per farli propri.

Il tempo passa per tutti, ma lo scugnizzo resiste alla grande, sia a livello fisico sia a livello vocale. E ne ha dato prova anche a Cetraro, con le note lunghe con cui terminava le canzoni e con la mimica impressionante con cui ha accompagnato il canto senza perdere un colpo o steccare una nota che fosse una, alla faccia dei sessantasette anni, che nel suo caso risultano solo un banale dato d’anagrafe.

Dotato di passionalità, anche fisica, espressività e spessore al massimo livello, Ranieri ha meritato tutti gli applausi di un pubblico entusiasta, per il quale tre bis sono stati davvero pochi. E per una sera nel Tirreno della Calabria è brillata qualche stella del Golfo di Napoli.

(foto di Francesco Mannarino)

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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