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Briganti Criminali-Sequestro, rapina, estorsione e due morti ammazzati in Abruzzo

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Quattordici banditi sequestrarono il cassiere di Civita d’Antino e suo fratello sacerdote per derubarli. Ottenuto il bottino, i malviventi trucidarono i due. La supplica struggente della vedova del cassiere, rimasta sola, senza sostanze e con cinque figli piccoli da mantenere

Il 28 marzo 1863 Domenica Venditti, del comune di Civita d’Antino in provincia di Abruzzo Ultra II, si rivolge alla Commissione provinciale amministrativa del Fondo nazionale per la repressione del brigantaggio in Aquila, ricordando le tragiche vicende che l’avevano privata del marito, Achille Cerroni, e del cognato.

Nella notte del 19 novembre 1861 la sua casa era stata presa d’assalto da un’orda di quattordici briganti i quali, scrive la Venditti, «rovistarono per tutto, ed involarono dalla Cassa Comunale, che amministrava il di lei marito, ducati cento circa, oltre ad argenteria, ori, e quant’altro poterono avere ammontante alla somma di circa ducati ottanta; quindi legarono il disgraziato marito Achille ed il fratello D. Francescantonio, e li condussero alla montagna, ove dopo essersisi [sic] ricevuti altri ducati cento, e buona quantità di comestibili [sic] li sacrificarono al loro brutale furore, implorandone a Roma con supplica all’ex Re di Napoli un guiderdone che non conseguirono»[1].

Nella conclusione della lettera, la donna mette in risalto «lo zelo degli assassinati per la causa Italiana» e la criticità delle condizioni in cui si era venuta a trovare, insieme con la sua famiglia, dopo l’assassinio dei congiunti. La supplicante, infatti, era «rimasta gravata di cinque piccoli figli, di cui la prima conta l’età di circa anni tredici, e l’ultima di anni quattro, che mantenute erano dall’industria di suo marito, ed eziandio dai soccorsi del cognato Sacerdote e maestro di Scuola». Ormai priva di mezzi di fortuna «pel sostentamento non solo, ma per l’educazione civile degli orfani», la scrivente chiede che le venga assegnato un vitalizio, insieme con il rimborso di quanto le era stato rubato dalla banda dei briganti.

La Commissione provinciale si riunisce il 4 maggio successivo in Aquila. I suoi membri, a maggioranza, dichiarano validamente giustificata la domanda della Venditti, deliberando la concessione a suo favore di un sussidio di mille lire. Quanto al vitalizio, la medesima Commissione, non disponendo di fondi sufficienti, decide di trasmettere la richiesta della vedova Cerroni alla Commissione centrale per l’amministrazione del fondo a favore de’ danneggiati dal brigantaggio; l’incartamento viene effettivamente inoltrato a Napoli il 21 maggio 1863.

L’unica testimonianza di ulteriori sviluppi dell’affare consiste in un foglio senza data e firma, conservato all’interno del fascicolo nominativo intestato alla donna e recante l’annotazione: «Venditti Domenica. 22 aprile 1864 / annuo vitalizio di £ 200».


[1] Tutti i documenti citati nel presente articolo sono contenuti in: Archivio di Stato di Napoli, Commissione centrale per la distribuzione del fondo nazionale a favore delle vittime del brigantaggio, busta 1, fascicolo 12.

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