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Una strada per Alfonso Pati un eroe calabrese dimenticato

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Si distinse con valore in varie azioni pericolose durante la Prima Guerra Mondiale. Andò in Etiopia e poi fu richiamato alle armi nel ’40. Morì prigioniero degli inglesi nel ’44. Di lui restano tre medaglie e una tomba ad Amantea, sulla costa tirrenica cosentina. La sua città può dedicargli finalmente un ricordo?

Egregio Direttore,

Chiedo ospitalità per ricordare un eroe calabrese della Grande Guerra, oggi dimenticato. È Alfonso Pati, nato ad Amantea (Cs) il 25 maggio 1888 in contrada Camoli al civico 27, figlio di Giovanni e Maria Metallo, ottantunesimo bimbo nato quell’anno nella cittadina della costa tirrenica.

Fu chiamato alle armi il 18 ottobre 1908, ma non svolse il servizio di leva perché si trovava all’estero, per la precisione ì a Pittsbugh in Pennsylvania. Tornò dagli Usa e, com’era d’uso all’epoca, comprò un terreno con casetta in contrada Chiaje e quindi soddisfò gli obblighi di leva.

Si presentò con cinque anni di ritardo e partì col primo scaglione della classe 1913, il 9 gennaio. Fu arruolato nel 58° Reggimento fanteria dal quale fu congedato al compimento del biennio di ferma il 9 gennaio 1915, dopo aver tenuto «Buona condotta ed aver servito con fedeltà e onore».

Alfonso Pati in divisa

Ma da lì a poco, l’8 maggio di quello stesso anno fu richiamato alle armi. Si presentò con giustificato ritardo, il 28 maggio ed il giorno dopo fu incorporato nel 142° Reggimento fanteria (la famigerata Brigata Catanzaro) e dove, il 24 agosto, fu nominato caporale perché alfabetizzato, cosa rara per i contadini a quei tempi. Era 1,60 di statura, quasi di un metro di torace, capelli castani e lisci, dentatura sana, occhi castani, colorito buono e come segni particolari nei in viso.

Il 17 febbraio 1916 lasciò il fronte perché ammalato. Tornò in guerra un mese dopo, il 23 marzo 1916, e il seguente 24 maggio fu nominato caporal maggiore per meriti di guerra.

Il 16 agosto 1916 rientrò a casa perché ferito sul monte San Michele. Rientrò in territorio di guerra l’11 novembre 1916. Il primo febbraio 1917 passò nel 243° reggimento fanteria dove, il primo maggio, fu nominato aiutante di battaglia.

Durante la campagna di guerra 1915-1918 fu decorato due volte con l’argento al valor militare e una volta col bronzo con le seguenti motivazioni:

1ª Medaglia d’argento al V. M.: «Rimasta la compagnia senza ufficiale, ne assumeva il comando e la portava risolutamente e con mirabile slancio alla conquista di posizioni nemiche, incitando con l’esempio e la parola i propri dipendenti. Bosco Malo, 24-25 maggio 1917».

(Bollettino Ufficiale per le ricompense al V. M., dispensa n. 15 del 8.3.1918)

Medaglia di bronzo al V. M.: «Comandante di un plotone seppe lodevolmente guidare i propri uomini all’assalto, sotto un violento fuoco nemico, e condurre a termine con singolare adempimento i compiti affidatigli. Vnsie, 1-9-agosto 1917».

(Bollettino Ufficiale per le ricompense al V. M., dispensa n. 84 del 28.12.1918)

2ª Medaglia d’argento al V. M.: «Con attività e coraggio mirabili esponendosi continuamente a grave pericolo, caduti tutti gli ufficiali subalterni della compagnia, era di valido aiuto al proprio comandante, dimostrando elette doti di fermezza e valore. Piave, 15-18 giugno 1918».

(Bollettino Ufficiale per le ricompense al V. M., dispensa 83 del 16.9.1919)

Fu messo in congedo l’8 ottobre 1919 col grado di maresciallo. Finita la guerra e tornato a casa entrò nella locale formazione dell’associazione Combattenti e Reduci e fu eletto tra i probiviri. Partecipò alle lotte politica cittadine, soprattutto durante le elezioni dell’ottobre 1920, sostenendo, ovviamente, la lista presentata dagli ex combattenti.

Contrasse matrimonio il 13 ottobre 1923 con Onorina Fera (zia del compianto Enzo Fera). Dalla loro unione nacquero Ida, Maria e Iolanda.

Dal 31 ottobre 1934, per effetto della legge n. 1144 del 27 giugno 1929 fu messo a disposizione della Mvsn (Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale) e come tale mobilitato il 7 aprile 1937 – epoca in cui si diceva: «Osteria numero sette, in Italia ci stiamo stretti, allunghiamo lo stivale, verso l’Africa Orientale» – e partì per l’Africa il 20 aprile seguente. Fu ancora richiamato l’11 giugno 1940 per partecipare alle operazioni della Seconda Guerra Mondiale, ma fu catturato dagli inglesi il 25 marzo 1941. Morì in prigionia il 30 luglio 1944. Nessun addebito fu elevato a suo carico in merito alle circostanze della sua cattura e al comportamento tenuto durante la prigionia.  

I suoi resti, rientrati, oggi riposano nella cappella di famiglia della figlia Iolanda, nel cimitero di Amantea.

In conclusione, approfitto dello spazio concessomi per lanciare un appello agli amministratori di Amantea: è possibile dedicare una strada a questo eroe, finora sconosciuto?

Non c’è nessuna retorica militarista o, peggio, guerresca in questa richiesta, ma solo la consapevolezza che figure come Alfonso Pati sono collegamenti importanti tra la storia delle piccole comunità cittadine e la grande storia.

La Prima Guerra Mondiale è stata combattuta e vinta da tanti Alfonso Pati, che hanno lasciato la famiglia e gli affetti e messo a repentaglio più volte la propria vita.

Queste memorie non possono, non devono andare perse.

Grazie per l’attenzione e cordiali saluti

Ferruccio Policicchio

Fonti:

Archivio storico comunale Amantea, (Stato Civile);

Archivio di Stato Cosenza, ruoli matricola anno 1888, matricola n. 18792;

Bollettini Ufficiali, Ministero della Guerra, per le ricompense al Valor Militare;

A. Lorelli: Amantea nel XX secolo, Rubbettino, 2008, pp. 60, 64, 86, 107.

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