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Macché nostalgie feudali: è lo Stato l’ultima frontiera dei tradizionalisti

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Generato dalle rivoluzioni del XVIII e XIX secolo, lo Stato nazionale fu a lungo osteggiato dal mondo cattolico. Ma oggi, per un paradosso della storia, è diventato il baluardo dei popoli e delle loro culture. E sbagliano di grosso i nostalgici delle “piccole patrie”…

Negli ambienti del cosiddetto cattolicesimo tradizionalista è molto apprezzato un passo di monsignor Jean-Joseph Gaume, sacerdote e teologo francese dell’Ottocento, in cui l’autore immagina che la Rivoluzione – intesa in senso storico e metafisico – fattasi persona, si riveli con queste parole:

«Io non sono quel che mi si crede. Molti parlano di me, ma pochissimi mi conoscono… Io non sono né il carbonarismo, né la sommossa, né il cambiamento della monarchia in repubblica, né la sostituzione di una dinastia a un’altra, né il disordine momentaneo nell’ordine pubblico; io non sono né le urla dei giacobini, né i furori dei montagnardi, né il combattimento delle barricate, né il saccheggio, né l’incendio, né la legge agraria, né la ghigliottina, né gli annegamenti; io non sono né Marat, né Robespierre, né Babeuf, né Mazzini, né Kossuth. Questi uomini sono figli miei, si, ma non sono io. Queste cose sono opera mia, ma non sono io. Questi uomini e queste cose sono episodi passeggeri, mentre io sono uno stato permanente… Io sono l’odio per qualsiasi ordine non stabilito dall’uomo, nel quale egli non è né re né Dio insieme».

Il catechismo di monsignor Gaume

Sull’interpretazione della storia umana come dialettica fra Rivoluzione e Controrivoluzione si fonda anche il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira, filosofo e politico brasiliano, il cui pamphlet intitolato, appunto, Rivoluzione e Controrivoluzione costituisce un punto di riferimento imprescindibile per molta parte del cattolicesimo tradizionalista.

Secondo questa visione, anche i movimenti patriottici e nazionalisti del XIX secolo – compreso il Risorgimento italiano – sarebbero l’espressione e il frutto di una mentalità e di una strategia politica di tipo rivoluzionario. Lo Stato nazionale, infatti, si collocherebbe in continuità con l’assolutismo monarchico del Settecento, anch’esso considerato dal tradizionalismo cattolico quale momento della Rivoluzione.

Ecco perché, oggi, la galassia dei movimenti identitari della nostra Penisola sorti fra gli anni Ottanta e Novanta del ’900, dai neoborbonici ai venetisti, ha come comune denominatore il rigetto dei moti risorgimentali e la critica feroce alla compagine statuale scaturita da quell’esperienza storica.

Il filosofo Plinio Correa de Oliveira

Tale posizione reazionaria è andata paradossalmente a saldarsi con quella di talune propaggini dell’area politica di sinistra, anch’essa partecipe di un giudizio assai critico sul Risorgimento, che affonda le sue radici nelle riflessioni di Gramsci.

Non pochi fra coloro che da giovani avevano aderito allo storytelling identitario – il sottoscritto, per esempio – hanno tuttavia compreso, con sempre maggiore sgomento, che in realtà stavano lavorando «per il re di Prussia».

Molte lobby determinanti nelle compagini sovranazionali come la Ue, infatti, guardano con favore a tutti quei movimenti che indeboliscono gli Stati-Nazione, e che – al di là delle loro intenzioni – portano acqua al mulino del mondialismo apolide. Così facendo, però, questi movimenti finiscono per appoggiare, di fatto, le stesse forze che pretendono di combattere. L’istituto statale generato dalla Rivoluzione francese, lo si capisca o no, svolge nel mondo contemporaneo la medesima funzione dei corpi intermedi, fra individui e istanze politico-economiche soverchianti, che nell’Ottocento i rivoluzionari nazionalisti vollero distruggere, proprio in nome dello Stato.

Robespierre

Ha senso dunque, nel 2019, che un cattolico tradizionalista impieghi il tempo a delirare per Francesco II di Borbone o per Sua Maestà Imperiale e Reale Apostolica Franz Joseph? Sembrerebbe proprio di no.

Per uno dei tanti – ancorché singolari – scherzi della storia, lo Stato nato dalla Rivoluzione italiana è attualmente il principale baluardo controrivoluzionario dei popoli che abitano dalle Alpi a Lampedusa.

Francesco Giuseppe d’Asburgo imperatore d’Austria

Lo Stato nazionale, insomma, è oggi la nuova linea del fronte contro le forze della sovversione.

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