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For Libya, i primi successi del Summit di Palermo

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Haftar e al-Sarraj si sono dati la mano. Pace fatta? Ancora è presto per parlare, ma i segnali positivi ci sono tutti. Conte fa gli onori di casa e cita Mandela per rabbonire gli animi. Ma la delegazione turca è infastidita e molla i lavori. Assente Macron, che si è fatto sostituire dal suo ministro degli Esteri. Assente anche Trump, che si è limitato a “benedire” il ruolo dell’Italia. Ancora insoluto il nodo dei rapporti italo-francesi sulla questione libica

Si è conclusa a Palermo la Conferenza per la Libia voluta dal governo italiano col supporto della Missione delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil).

For Lybia, With Libya è lo slogan che ha accompagnato il vertice con l’obiettivo di riunire i principali attori dello scenario libico per la stabilizzazione del Paese. Palermo e la Sicilia a rappresentare la volontà di creare un ponte per la stabilità del Mediterraneo, dopo sette anni di caos a seguito della caduta del leader Gheddafi.

I protagonisti del summit di Palermo

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha aperto la mattina del 13 novembre la sessione plenaria in quella che è stata la seconda giornata di incontri a Villa Igiea a Palermo per discutere del futuro della Libia.

Conte, prima di accogliere delegati, rappresentanti, capi di Stato e di Governo e ministri degli Esteri ha riunito attorno ad un tavolo il primo ministro del Governo di Accordo Nazionale della Libia Fayez Al-Sarraj e il generale Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica e leader dell’Esercito Nazionale libico. C’è stata una storica stretta di mano tra i due, un gesto simbolo dello sforzo diplomatico messo in campo da parte del governo italiano.

A questo incontro informale a margine della Conferenza hanno preso parte anche il presidente egiziano Abd al-Fattah al-Sisi, i vertici dei principali Paesi al confine con la Libia (Essebsi, presidente della Tunisia, e Ahmed Ouyahia, primo ministro dell’Algeria), il premier russo Medvev, il Presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, il Ministro degli esteri francese Le Drian e l’inviato speciale dell’Onu Ghassan Salamé.

La stretta di mano tra i due leader libici

La sera del 12 novembre l’arrivo a Palermo di Haftar dopo ore di incertezze ha segnato un colpo di scena. C’è stato, infatti, l’incontro bilaterale con il premier Conte ma a quest’incontro è seguita la volontà di disertare la cena con gli altri leader e raprresentanti istituzionali. Un alternarsi di passi in avanti e indietro. Nel colloquio riservato tra Conte e Haftar, il presidente del Consiglio ha citato Mandela e ha sottolineato la necessità di un compromesso che si rende necessario quando si parla tra avversari. Ha poi auspicato che i rappresentanti libici divengano padri nobili per un futuro del paese nordafricano.

Se da un lato si può definire un successo non scontato portare allo stesso tavolo Sarraj e Haftar, dall’altro non sono mancate le polemiche e gli incidenti diplomatici. La delegazione turca guidata dal vicepresidente Fuat Oktay ha lasciato Palermo esprimendo ai giornalisti «profondo disappunto». La ragione dell’abbandono del vertice è principalmente da attribuirsi al non coinvolgimento della Turchia nel vertice informale del 13 mattina con Haftar. Lo stesso presidente turco Erdogan aveva espresso la volontà di partecipare alla Conferenza, ma questo avrebbe costituito un incidente diplomatico che avrebbe reso impossibile l’arrivo del generale Haftar, che invece alla fine si è presentato. Per il vicepresidente turco la comunità internazionale non è in grado di portare avanti un accordo.

Il premier russo Medvev

I dissidi sono anche da ricondurre a colloqui precedenti tra Al Sarraji e la Turchia su un ruolo di quest’ultima nella ricostruzione libica e nell’addestramento delle forze di terra per un futuro esercito unitario in Libia. Al riguardo, bisogna ricordare che gli interlocutori libici del governo di Tripoli presenti a Palermo appartengono alla Fratellanza musulmana, che invece Haftar, il Parlamento di Tobruk, nonché lo stesso Egitto considerano alla stregua di terroristi. Al contrario, Turchia e Qatar sostengono la Fratellanza. Questo il dissidio principale che aveva fatto dubitare dell’arrivo a Palermo di Haftar. L’esclusione dunque della Turchia da questo mini-vertice e uno spostamento degli equilibri verso Bengasi, con una rassicurazione sul ruolo di Haftar nella roadmap sul futuro della Libia voluta dalle Nazioni Unite, lascia intravedere un peso maggiore del Generale per tutto ciò che attiene ai problemi di sicurezza del Paese. Mentre la brusca frenata turca potrebbe far pensare ad un nulla di fatto nel dialogo tra i principali attori internazionali.

Sicurezza e riforme economiche sono state al centro dell’incontro con Haftar, ma è sulla sicurezza che si è puntato di più, prevedendo anche un prolungamento dello status quo fino al mese di gennaio quando dovrebbe tenersi la prossima conferenza nazionale sul territorio libico. Bisogna oltretutto ricordare che il governo guidato da Sarraji, sancito dagli accordi di Skhirat del 2015 sarebbe dovuto scadere il prossimo 17 dicembre ma tutto fa dunque pensare ad una prosecuzione anche oltre termine.

Scontri in Libia

Oltre alle polemiche sollevate da Turchia, c’è un’altra nota negativa da sottolineare: durante la sessione plenaria, mentre il consigliere politico di Haftar prendeva la parola, le delegazioni di Tripoli e di Sarraji hanno abbandonato la riunione.

Tra le luci e le ombre che hanno caratterizzato la Conferenza, c’è stato un piccolo passo in avanti: la presenza di una delegazione francese più ricca rispetto a quella che l’Italia aveva portato a Parigi. È forse indice di un ammorbidimento tra Francia e Italia? L’assenza del Presidente francese Macron fa pensare piuttosto al contrario. Probabilmente senza un’interlocuzione e un dialogo serio con la Francia qualsiasi sforzo come quello di Palermo potrebbe apparire poco significativo, nonostante la stretta di mano tra Serraj e Haftar.

L’ex leader librico Gheddafi

È anche su questo terreno che bisogna ricostruire il dialogo per la stabilizzazione libica, perché senza una maggiore intesa tra Roma e Parigi il coordinamento di una politica europea e la risoluzione del nodo libico appaiono complicati. Anche se c’è da dire che finora Macron non ha immaginato di dialogare con l’Italia e lo dimostra il fatto che alla conferenza è stato presente il ministro degli esteri e non lui in prima linea. Un’altra assenza annunciata è quella di Donald Trump che conferma il disimpegno degli Stati Uniti dal teatro mediorientale, nonostante avesse appoggiato e accolto l’iniziativa di mediazione italiana sulla Libia durante la visita di Conte negli Stati Uniti a luglio scorso.

Nella conferenza stampa congiunta tenuta a conclusione del vertice da Conte e dall’inviato dell’Onu Ghassan Salamé è emerso che la Conferenza ha aperto uno spiraglio per la costruzione di un processo securitario della Libia ed è riuscita a mettere insieme diversi attori internazionali e regionali, nonostante alcune frenate, rappresentante dall’abbandono del tavolo da parte della Turchia e dalla presenza-assenza di Haftar.

Il generale Khalifa Haftar

Salamé ha aperto la conferenza stampa parlando del vertice di Palermo come di una «pietra miliare» e di un successo per il futuro della Libia. Il presidente Conte ha espresso il sostegno del governo italiano alla creazione di un esercito regolare e si è dimostrato pronto a dare supporto nell’addestramento delle truppe di sicurezza. Sicurezza, terrorismo e diritti umani sono infatti stati i temi di questa due giorni, ma Conte ha anche detto che le soluzioni non possono essere imposte dall’esterno e che la comunità internazionale deve rispettare la sovranità libica evitando interferenze indebite e che spetta al popolo libico e ai suoi rappresentanti dettare i tempi e i modi con cui prendere le decisioni fondamentali per il futuro del Paese. Ha comunque espresso soddisfazione per la mediazione dell’Italia ed ha ribadito la disponibilità del Governo italiano a rispondere a specifiche richieste di assistenza provenienti dalla Libia.

Il primo ministro Fayez-Al-Sarraj

Al di là delle parole, bisogna considerare questo summit un passo positivo verso una futura stabilizzazione del Paese purché si pensi non solo all’aspetto di facciata ma alla situazione effettiva, data la presenza di oltre 300 milizie che si contendono un territorio, nel quale c’è una gravissima crisi di liquidità delle banche e dove non sembra esserci speranza da parte del popolo libico. Se non si faranno passi in avanti in questo senso, i diritti umani di moltissimi continueranno ad essere calpestati. In particolare quelli dei migranti che vivono una drammatica prigionia dalla quale tentano di fuggire.

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