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Storia e querele, le balle spaziali di Antonio Ciano

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Il revisionista Antonio Ciano fu querelato da un erede del sindaco storico di Pontelandolfo per diffamazione proprio per aver scritto cose non vere sulla tragedia del 1861 e fu costretto a chiedere scusa per evitare la condanna. Ciononostante, il tabaccaio-scrittore ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Casalduni e continua coi toni di sfida verso il mondo della cultura…

Paese che vai, usi che trovi. A Pontelandolfo, il piccolo Comune del Beneventano protagonista di uno degli episodi più controversi del brigantaggio, hanno deciso di nominare, a inizio millennio, cittadino onorario Ferdinando Melchiorre Pulzella, un medico di Benevento scomparso nel 2014 alla non tenera età di 91 anni.

Il “revisionista” Antonio Ciano

Quanti bastavano per ricordarsi di un nonno, Lorenzo Melchiorre, che fu sindaco di Pontelandolfo proprio nella terribile estate del 1861, quando il paesino fu prima oggetto delle scorribande dei briganti di Cosimo Giordano, che culminò nel massacro di una colonna di quarantuno militari, tra bersaglieri e carabinieri, e poi del duro intervento dell’Esercito, che provocò un’ulteriore strage di quindici morti tra i paesani.

Melchiorre nipote, che tra l’altro era un appassionato cultore di storia locale, dedicò a fine millennio un libro piuttosto ponderoso a questa tragedia.

Nel vicino Casalduni, anch’esso interessato dal brigantaggio e dalla repressione militare, nel 2016 hanno conferito la cittadinanza onoraria a Povia, il cantante milanese convertitosi alla causa sudista, e ad Antonio Ciano, tabaccaio di Gaeta e, con il suo I Savoia e il massacro del Sud pubblicato in prima edizione nel 1996, si può considerare il precursore dell’odierno revisionismo antirisorgimentale, che ha toccato il massimo successo con la produzione editoriale di Pino Aprile.

La copertina del libro di Antonio Ciano

Una contraddizione non da poco e non solo perché i due, Melchiorre e Ciano, si trovano su barricate opposte, l’uno in quanto discendente ed erede di un esponente della prima classe dirigente liberale dell’Italia unita, l’altro perché a dir poco critico verso il processo storico di unità nazionale.

Infatti, il contrasto non fu solo ideale, ma finì addirittura davanti al Tribunale di Latina, dove Melchiorre trascinò Ciano con l’accusa di aver diffamato il proprio antenato.

Il generale Cialdini e il suo Stato Maggiore

Non è il caso di entrare troppo nel merito della vicenda storiografica di Pontelandolfo e Casalduni, tornata ad essere oggetto di cura degli storici e su cui il giornalista, scrittore e studioso Giancristiano Desiderio sta per intervenire con un saggio di prossima pubblicazione. Semmai, val la pena di soffermarsi sul curioso duello giudiziario, che ha il merito quantomeno di consigliare un po’ di prudenza agli storici improvvisati che si dedicano a quel campo impervio che è la storia contemporanea: la diffamazione non riguarda solo i vivi, perché anche i defunti possono avere qualche erede pronto a far valere i diritti all’onore e alla reputazione eventualmente lesi da ricostruzioni fantasiose o tendenziose. O palesemente false, come risulta quella di Ciano sul trapassato sindaco Melchiorre.

Forse proprio con riferimento a questa vicenda, il tabaccaio-scrittore ha dichiarato più volte di essere stato querelato ed stato assolto, per la sola colpa di aver detto cose scomode alla storiografia ufficiale.

La copertina del libro di Melchiorre

Dalla ricostruzione fatta da Melchiorre nipote nel suo Storia dei fatti di Pontelandolfo dell’agosto 1861, uscito in terza edizione nel 2004, risulta altro e quest’altro non risulta smentito: Ciano avrebbe diffamato con l’intento di diffamare, pubblicando cose non vere a carico del sindaco Melchiorre. Per farsi un’idea basta consultare una pagina del sito telefree.it, in cui appare un articolo intitolato L’eccidio di Pontelandolfo e Casalduni di Antonio Ciano, da “I Savoia e il massacro del Sud”.

Per chi vuole approfondire: la pagina web di telefrree.

Occhio alle date: l’articolo di Ciano, in cui sono riportati vari passaggi del libro finito sub judice, risale al 12 aprile del 2007, quindi tutto lascia supporre che questi passaggi, pepatissimi, siano stati tratti dalla prima edizione del libro. Sulle altre edizioni, uscite dalla fine dello scorso decennio in avanti di cui le più recenti curate proprio da Pino Aprile, non c’è da mettere la mano sul fuoco, perché forse emendate.

Ma torniamo al duello nell’aula di giustizia. Questo si concluse l’8 maggio del 2000 con una dichiarazione scritta e firmata, rilasciata da Ciano a Melchiorre davanti al Tribunale penale di Latina, presieduto da Massimo Procaccini e composto dagli a latere Nicola Iansiti e Vincenzo Guercio.

Questa dichiarazione evitò la condanna di Ciano e Melchiorre ritirò la querela accontentandosi della cifra simbolica di una lira a titolo di risarcimento.

Si riporta per intero la dichiarazione, acquisita agli atti del procedimento penale 420/99T:

«Illustre dr Ferdinando Melchiorre,

faccio riferimento al procedimento penale pendente innanzi al Tribunale di Latina, per il quale, come risulta dal capo di imputazione, a seguito della querela da Lei sporta nei miei confronti in data 21 novembre 1996, sono accusato di diffamazione per aver, quale autore del libro “I Savoia e il massacro del Sud”, offeso gravemente la reputazione di Lorenzo Melchiorre, Sindaco di Pontelandolfo nel 1861, attribuendogli comportamenti ed atteggiamenti non rispondenti al vero (PROC. 420/99T).

Accolgo l’invito rivoltomi dall’Ill.mo Signor Presidente del Tribunale e, pertanto, nel formulare le mie formali e più ampie scuse a Lei ed ai discendenti tutti della famiglia del Sindaco di Pontelandolfo nel 1861 Lorenzo Melchiorre, Le dichiaro che ho sì offeso, ma non era nelle mie intenzioni offendere la memoria del defunto Sindaco Melchiorre e dei suoi congiunti e discendenti. Riconosco che le frasi e le espressioni da me riportate nel libro “I Savoia e il massacro del Sud” non compaiono in alcuna delle fonti bibliografiche da Lei riportate in Tribunale, né in alcuna delle 63 opere (testi e riviste storiche) da me indicate nella “Bibliografia” in calce al mio libro, pubblicato nel luglio del 1996, né nella serie di articoli della “Civiltà Cattolica”, che vanno dal 1860 al 1866, né in alcun altro testo in mio possesso e/o da me consultato. Escludo, quindi, nel modo più assoluto, che possano attribuirsi a Lorenzo Melchiorre i comportamenti negativi, da cui la diffamazione, da me esposti nel libro e che in nessuna fonte storiografica sono riportati.

Non è sfuggito alla mia attenzione, e quindi riconosco, che la figura storica di Lorenzo Melchiorre è stata significativa in quanto Sindaco del Comune di Pontelandolfo sia sotto il governo dei Borbone che, poi, sotto il governo post-unitario, avendo il Melchiorre aderito all’idea dell’Unità d’Italia.

L’intento con il quale ho scritto il libro era solo quello di esprimere una forte critica storico-politica dei fattori e degli eventi che portarono all’Unità d’Italia e di sottolineare i forti profili di contrasto tra i rappresentanti del pensiero liberale ed i briganti che vi si opponevano: nella foga della esposizione mi sono invece lasciato imprudentemente andare, nei confronti di Lorenzo Melchiorre, a quegli immotivati ed offensivi giudizi che riconosco privi di fondamento perché non rispondenti al vero.

Nel rinnovarle le mie più profonde scuse per aver inconsapevolmente, quanto imprudentemente, prodotto grave turbamento a Lei ed alla Sua famiglia per quanto ingiustamente attribuito a Lorenzo Melchiorre, L’autorizzo preventivamente alla pubblicazione di questa mia, a mezzo manifesti ed anche su giornali e riviste, in ogni caso quando e dove e con le modalità che riterrà opportune in goni tempo.

Firmato: ANTONIO CIANO».

Non c’è altro da aggiungere: Ciano ammise di aver sbagliato e di averlo fatto quantomeno per sciatteria. Ma ciò che conta è che, senza questa lettera, pubblicata da Melchiorre anche nel suo libro, il tabaccaio-scrittore avrebbe subito una condanna più che sicura, con un risarcimento tutt’altro che simbolico.

Pino Aprile

Non si sa che atteggiamento abbiano tenuto gli eredi di Melchiorre nipote. Sicuramente sono stati più blandi di quelli dello scomparso medico, visto che il tabaccaio ha continuato a scrivere.

Certo è che la sua ricostruzione della tragedia di Pontelandolfo non ha trovato accoglienza né nei libri di Aprile, che da consumato professionista si è ben guardato dal citare una fonte così bruciata, né in quelli di Gennaro De Crescenzo, che si sono limitati a ripetere le cifre iperboliche dei morti riportate senza vaglio critico da Ciano, sebbene la storiografia più accorta le abbia ridimensionate parecchio.

Antonio Ciano elegante

Ma evidentemente gli amministratori dei piccoli Comuni del Sud sono di bocca piuttosto buona e, pur di promuovere i loro territori, desertificati più dalle responsabilità del presente che dai presunti crimini del passato, non vanno per il sottile. Ed ecco che uno storico sedicente e improvvisato può diventare cittadino onorario assieme a una ex gloria della canzone italiana, che ha avuto l’unico merito di mettere in musica certe tesi.

 

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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  1. Pingback: Pontelandolfo e Casalduni: Oltre le bufale neoborboniche ed anti italiane | Teseo

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