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Cari sindaci, lasciate stare la storia e amministrate

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Due amministrazioni comunali intervengono sulla toponomastica per rimuovere le memorie risorgimentali e riportare i Borbone o esaltare i briganti.

In tutto questo i prefetti che fanno? Dormono?

Il primo è stato Cerreto Sannita, un paesino del Beneventano, che ha deciso di cambiare il nome a piazza Santa Chiara per dedicarla a Cosimo Giordano, brigante assai controverso, soprattutto dal profilo criminale, presentato come membro dei carabinieri a cavallo dell’esercito delle Due Sicile nella comunicazione al Prefetto.

Un po’ meno bene è andata al sindaco di Motta Santa Lucia, nel Catanzarese, che, dopo essersi imbarcato in una causa contro il Museo Lombroso di Torino, ha tentato di dedicare una strada a San Francesco di Paola. Solo che circa metà dei suoi concittadini si sono ribellati e hanno voluto che la zona mantenesse il suo nome originario: Umberto I.

Un po’ meglio ha fatto il sindaco di San Giorgio a Cremano, nel Napoletano: ha deciso di togliere Vittorio Emanuele II dalla piazza del Municipio per sostituirlo con don Carlo di Borbone. Quello vero, cioè il primo, illuminato re di Napoli, e non l’attuale rampollo della dinastia, che comunque un merito ce l’ha: aver ispirato col blasone di famiglia un’eccellente marca di caffè. Il merito è grosso, specie a Napoli. Ma non abbastanza per avere l’intestazione di una piazza.

Ma non è solo il “continente” a riscoprire il gusto iconoclasta del revisionismo: a Rometta, nel Messinese, l’amministrazione comunale ha deciso di rimuovere il nome di Nino Bixio da una via cittadina e ricordare al suo posto e Vittime dell’eccidio di Bronte. Con in più una richiesta banalotta: rileggere la storia del Risorgimento e dell’Unità nazionale. Come se questo non fosse già stato fatto abbastanza.

In tutto questo, ci chiediamo: i prefetti che fanno? Passi per San Francesco e don Carlo, ma dedicare una piazza a un brigante o far passare Bixio per una sorta di “boia di Marzabotto” in salsa meridionale ne corre. Significa travisare la storia e confondere i valori.

A che serve, infatti, invocare la legalità a ogni pie’ sospinto quando, senza alcuna riflessione critica e in nome di un malinteso ribellismo, si spacciano dei delinquenti comuni per eroi o peggio per partigiani e “resistenti” come fanno gli autori che, per primo Pino Aprile, tentano di rinverdire il vecchio filone del revisionismo antirisorgimentale?

Più complicato il discorso di Bronte, dove in effetti Bixio fece un’operazione di giustizia sommaria e operò cinque fucilazioni, di cui alcune arbitrarie. Ma sarebbe giusto ricordare anche che il luogotenente garibaldino intervenne con le spicce per sedare un tumulto dove erano stati letteralmente macellati sedici brontesi.

No, cari amministratori, non è una questione di targhe. È una questione di quella storia che conoscete poco e spesso attraverso le sue manipolazioni.

Ci sarebbe da chiedere se davvero i vostri concittadini approvino in blocco le vostre scelte o, piuttosto, da voi non si aspettino altro: ad esempio servizi proporzionati per qualità e quantità alle pretese fiscali.

Lasciate stare la storia, perché è troppo comodo e un po’ sporco il gioco di scaricare i mali presenti del Sud su presunti abusi passati. È troppo comodo cercare alibi negli errori e nelle colpe del Nord “annessionista”. Non è bello esibire per l’ennesima volta il consueto vittimismo meridionale.

Se proprio volete distinguervi dal resto delle classi dirigenti del Mezzogiorno, che sono tra le peggiori in Europa, rimboccatevi davvero le maniche nell’interesse dei vostri concittadini.

E, ripetiamo, lasciate stare la storia. O, se proprio volete interessarvene, andate in libreria: lì troverete volumi di tutti i tipi e per tutte le tasche. Siamo sicuri, a proposito di tasche, che le vostre siano messe un po’ meglio di quelle della stragrande maggioranza dei vostri elettori, che da voi si aspettano ben altro che alcune targhe e improbabili rivendicazioni di orgoglio identitario.

Saverio Paletta

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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