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Una replica doverosa al Comitato "no Lombroso"

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Offendono e insultano senza uno straccio di prova

L’immagine del Sud può essere difesa da chi agisce così?

Abusano, inoltre, della memoria di un illustre scomparso per denigrare il prossimo

Scrivo in prima persona e firmo, come faccio da sempre quando mi occupo di qualcuno o polemizzo con lui, perché state per leggere la mia replica ai militanti del Comitato tecnico scientifico “no Lombroso”.

Anche questa volta lorsignori non si sono smentiti: quando qualcuno dissente dai loro dogmi reagiscono nella solita maniera, che definire scomposta è poco. Meglio definirla per quel che è: volgare. È volgare insultare il prossimo. È volgare non gestire il contraddittorio in maniera civile. È volgare non mettere la faccia e la firma.

Vengo al dunque. Il 29 aprile ho pubblicato due pezzi su una vicenda piuttosto curiosa che riguarda lo strano duello giudiziario tra il Comitato ecc. cc. e il Museo Lombroso di Torino. Non ripeto tutta la pappardella per non annoiare nessuno. Mi limito a linkare qui i due pezzi e ringrazio chi avrà la pazienza di leggerli.

Eccoli.

Link 1: http://bit.ly/no-lombroso-1;

Link 2: http://bit.ly/no-lombroso-2;

Vado avanti. Non amo linkare i post pubblicati da altri su Facebook, ma stavolta faccio eccezione e, per agevolare chi legge, riporto l’indirizzo della pagina del Comitato ecc. ecc. in cui c’è il post con cui si è tentato di replicarmi.

Eccolo: https://www.facebook.com/nolombroso

Il post che mi riguarda è quello più in alto. Ed è impostato per restare in cima alla pagina. Troppo onore: quasi mi commuovo.

Asciugo gli occhi e sottopongo alla vostra attenzione, ma soprattutto alla loro (visto che ho l’impressione che non abbiano ben compreso il senso delle mie critiche), alcune domande.

La prima: perché l’autore della replica non si firma come ho fatto io? Crede di assorbire in maniera “totalitaria” il pensiero del suo gruppo? Oppure, più semplicemente, lancia il sasso e poi nasconde la mano?

Già: lui si è limitato a dire che io sto sbagliando. E forse ha ragione. Però gradirei che qualcuno avesse la cortesia di spiegarmi i miei errori. Magari tutto quello che ho letto (libri ed e book comprati di tasca mia nel corso degli anni) non mi è servito a nulla e potrei avere una vera illuminazione. Che al momento non c’è stata, neppure in seguito alla telefonata a cui si allude nel post.

Ma probabilmente è a causa di un mio limite e me ne faccio una ragione.

Il sasso, ben lanciato ha ottenuto il suo effetto: la solita ridda di insulti. Qualcuno sarebbe da prendere con noncuranza, sebbene le parolacce siano roba poco gradevole da ricevere quando non le si pronunci (o scriva) per primi. Ad esempio, non ho dato del «porco schifoso maledetto» a nessuno. Su altri però non posso sorvolare.

Perciò passo alla seconda domanda: qualcuno ha scritto che io sarei prezzolato. Io chiedo: da chi? Questo sito, lo dico anche per tutelare la rispettabilità di chi ogni tanto mi dà una mano, non ha sponsor ed è assolutamente indipendente. Anche noi facciamo degli errori, ma di testa nostra e non per il portafogli altrui. Se qualcuno avesse le prove che io mi sia venduto, le tiri fuori.

Inoltre, basta dare un’occhiata alle mie note biografiche per sapuere che vivo a Cosenza. Mi permetto di fornire un dato in più: non ho ascendenze al di sopra del Pollino. Quindi non posso essere piemontese. 

Altra domanda, che risulterà un po’ ostica alle persone digiune di storia, quella vera: ammesso e non concesso che Lombroso stia ai Savoia come Mengele ad Hitler, dove sono le prove di questo rapporto perverso? Dov’è la prova che, su mandato e con l’approvazione dell’ex casa regnante, lo studioso veronese avesse provato a sancire su basi biologiche la minorità dei meridionali? Anzi, di noi meridionali?

Ancora: qualcun altro ha detto che il Museo Lombroso sarebbe una sorta di ossario delle vittime meridionali del Risorgimento. Mi permetto di far notare (e qui non linko niente, perché bastano un paio di ricerche su Google) che persino gli stessi allestitori del museo non sanno a chi appartengano le ossa che vi sono custodite. Detto altrimenti: qualcuno ha la prova che siano tutte o in gran parte ossa di meridionali? Se sì, le tiri fuori.

A questo punto voglio precisare una cosa: a differenza di Domenico Iannantuoni e di altri emigrati che fanno i meridionalisti (“fanno” e non “sono”, non amo usare le parole a caso…) dal Nord, io vivo e subisco il Sud, perché faccio il giornalista nelle peggiori condizioni possibili: con un forte controllo sociale e una giurisprudenza avversa che rendono l’esercizio della mia professione quantomeno pericoloso. Però mi assumo le mie responsabilità scrivendo dei vivi con tanto di documenti, non faccio polemiche gratuite infangando i morti.

Non a caso, ho fatto spesso i conti in tasca a mio rischio e pericolo a molti degli amministratori del cui plauso il Comitato mena un gran vanto. Ennesima domanda: quanti di questi amministratori sono impelagati in polemiche od oggetto di inchieste giudiziarie per cattivo uso della cosa pubblica o collusioni inconfessabili? Sfogliate un giornale calabrese e troverete numeri da brivido. E poi, chi dice che l’adesione di un sindaco, anche bravo, sia un marchio di verità scientifica? Voi che non riuscite a provare il presunto razzismo di cui accusate gli altri e me? Tacere, a questo punto, sarebbe un atto di decenza.

Suona curioso, inoltre, che si sia voluto polemizzare sul pezzo “secondario” del mio dossier, quello che ho dedicato al Comitato ecc. ecc., e non su quello “principale”, che invece racconta il processo intentato dal Comune di Motta Santa Lucia contro il Museo. Cos’è? Dimenticanza o eccesso di prudenza in attesa della sentenza? Al riguardo, mi permetto di dire che della sentenza non mi interessa un bel nulla perché, pur prendendo posizione, io mi limito a raccontare le cose e non faccio il tifo.

Concludo con una censura pesante su un dettaglio del post che mi riguarda: l’autore, dopo avermi riprovato, ha elogiato il compianto avvocato Ernesto d’Ippolito. L’accostamento, oltre che illogico, è disgustoso. Ribadisco ciò che si capisce dal necrologio che gli ho dedicato (ecco il link: http://bit.ly/addio-dippolito) : stimavo e stimo d’Ippolito e considero un onore essere stato ammesso da lui nell’Accademia Cosentina. Non ho approvato, ovviamente, la scelta di schierare un’istituzione prestigiosa e antica in una battaglia culturalmente infondata, ma non per questo ho smesso di apprezzare d’Ippolito. Perché, per il resto, considero i suoi valori di libertà e il suo amore per la cultura e i diritti una fonte di ispirazione. A proposito di d’Ippolito: sapete che era un massone di alto rango? No? Gli fareste torto: lui era orgoglioso di essere gran maestro onorario del Goi. Era un massone coerente, laico e imbevuto di liberalismo risorgimentale e, finché la salute gliel’ha consentito, commemorava ogni anno i fratelli Bandiera, fucilati a Cosenza dai soldati borbonici. Ecco: questo Iannantuoni e i tanti che svelenano o hanno svelenato sui complotti massonici, lo sanno?

Evidentemente è una questione di stile: io posso non condividere delle idee ma non per questo insulto o detesto chi le pensa ed esprime e, soprattutto, non smetto di stimarlo, se merita la mia stima. Evidentemente, non fare altrettanto oggi è di moda.

Saverio Paletta

 

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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